Osservatorio Astrofisico di Catania https://www.oact.inaf.it INAF Mon, 18 Mar 2024 17:01:33 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.4.3 https://www.oact.inaf.it/wp-content/uploads/2021/01/cropped-INAFbandiera_90_ritaglio-1-32x32.png Osservatorio Astrofisico di Catania https://www.oact.inaf.it 32 32 Pronti i primi 10 modelli di volo della missione PLATO: vi sveliamo i loro nomi https://www.oact.inaf.it/2024/03/17/pronti-i-primi-10-modelli-di-volo-della-missione-plato-vi-sveliamo-i-loro-nomi/ Sun, 17 Mar 2024 18:43:53 +0000 https://www.oact.inaf.it/?p=15893 Quanti pianeti simili alla Terra orbitano attorno alla zona abitabile di stelle simili al Sole? Come si formano e si evolvono i pianeti nei loro sistemi planetari? Come interagiscono con […]]]>

Quanti pianeti simili alla Terra orbitano attorno alla zona abitabile di stelle simili al Sole? Come si formano e si evolvono i pianeti nei loro sistemi planetari? Come interagiscono con le proprie stelle? Queste sono alcune delle domande a cui la missione PLATO dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) è chiamata a rispondere, attraverso misurazioni molto accurate dei transiti e delle oscillazioni delle stelle (e infatti PLATO è l’acronimo di exoPLAnet Transits and Oscillation of stars). Le misurazioni dei “transiti” producono informazioni sulla dimensione dei pianeti, mentre le “oscillazioni stellari” ci danno la massa e l’età delle stelle, che sono fondamentali per valutare massa ed età dei pianeti ospitati. La qualità di tutte queste misurazioni è garantita da 26 telecamere con campo visivo ultra ampio che costituiscono gli occhi della missione PLATO.

È la prima volta che un satellite dedito allo studio dell’Universo adotta una batteria di telescopi invece di uno solo. La ragione di questa scelta insolita è guidata dalla scienza alla base di PLATO che richiede osservazioni di un gran numero di stelle “luminose” per intervalli di tempo lunghi e continui (da diversi mesi ad anni), con la precisione e la sensibilità che possono essere raggiunte solo dallo spazio con un telescopio di almeno 1 metro di dimensione. Tuttavia, un telescopio da 1 metro non è in grado di fornire l’ampio campo visivo necessario per osservare molte stelle luminose in un’inquadratura, come richiesto per soddisfare i requisiti scientifici, e questo limite è intrinseco ai sistemi ottici; solo i telescopi di piccole dimensioni possono fornire un campo visivo ampio come serve.

Da qui l’idea alla base del progetto PLATO: combinare una batteria di telescopi per ottenere allo stesso tempo la precisione necessaria e l’ampio campo visivo. Una singola telecamera del satellite PLATO osserva un campo visivo equivalente a circa 5.200 volte l’area coperta dalla Luna piena.

Questa prestazione è stata ottenuta grazie ad un progetto ottico innovativo: ogni telescopio è infatti un rifrattore con 6 lenti, ciascuna con dimensioni che vanno da 12 a 18 cm di diametro, realizzate con 5 diversi tipi di vetri scelti per ottenere la migliore resa ottica, il minimo rischio di invecchiamento nello spazio, la necessaria resistenza alle sollecitazioni meccaniche e acustiche dell’ambiente di lancio. La luce raccolta dal telescopio viene registrata da rilevatori CCD alloggiati nel piano focale fornito di una sua elettronica di front-end. L’isolante multistrato (MLI) e una serie di resistori e sensori completano ogni telecamera per controllarne la temperatura. Due delle telecamere, dette “veloci”, sono ottimizzate per osservare stelle molto luminose e servono anche per la guida precisa del satellite. Esse osservano con una cadenza di 2,5 s. Le altre 24 telecamere, dette “normali”, osservano con una cadenza di 25 s e utilizzano 4 CCD da 4510×4510 pixel ciascuno.

Le telecamere “normali” sono raggruppate in gruppi di sei e ciascun gruppo punta in una direzione del cielo distante 9 gradi dalla verticale al banco ottico, in quattro direzioni tra loro opposte. In questo modo, i campi osservati da ciascun set di telecamere sono parzialmente sovrapposti e il campo visivo totale osservato copre un’area di cielo equivalente a 10.500 volte la dimensione della Luna piena.

PLATO è la terza missione di classe Media del programma Cosmic Vision 2015-2025 dell’ESA. Il satellite PLATO sarà lanciato da Arian 6 dallo spazioporto europeo di Kourou alla fine del 2026 verso il punto Lagrangiano L2, distante 1,5 milioni di chilometri dalla Terra. Scienziati e ingegneri provenienti da 14 paesi membri dell’ESA, coordinati da ingegneri dell’ESA, hanno collaborato alla progettazione e alla produzione del carico utile del satellite.

Selezionata dal Programma Scientifico dell’ESA nel 2014 e adottata dal programma dell’ESA nel 2017, la missione è entrata nella fase di implementazione a pieno regime dopo la Mission and Payload Critical Milestone, superata con successo nel 2021.

Modello termo-strutturale del satellite PLATO durante i test in ESTEC (@ESA/G. Porter)

Con un notevole sforzo di coordinamento, gli istituti di ricerca e le industrie sparse in Italia, Francia, Portogallo, Spagna, Svizzera e Regno Unito, hanno iniziato a consegnare i modelli di volo dei sottosistemi dei telecamere fin dalla fine del 2022. I sottosistemi vengono assemblati in Belgio dove ogni telecamera è allineata e testata rispetto alle sollecitazioni meccaniche attese durante il lancio. Dopo l’integrazione, ogni telecamera si sposta in una delle tre strutture di test situate rispettivamente in Francia, Paesi Bassi e Spagna, dove vengono verificate le prestazioni ottiche in condizioni termiche simili a quelle che il satellite troverà nell’ambiente operativo.

L’intera catena di produzione, integrazione e test delle telecamere è coordinata dal 2020 da ingegneri e scienziati dell’ESA, dell’INAF (Torino, Catania, Padova, Brera, Bologna, e IAPS Roma) e dell’ASI, con il supporto dei colleghi del Consorzio della Missione PLATO.

“Ogni telescopio, prodotto e testato in Italia da Leonardo, deve essere assemblato con i rivelatori e con l’elettronica di lettura, realizzati in altri Paesi: l’insieme costituisce una delle 26 telecamere di PLATO”, spiega Elisabetta Tommasi che segue per ASI il notevole sforzo di coordinamento di queste attività, in carico a INAF. “L’Italia è intervenuta in un momento di crisi del progetto, proponendosi per assumere la responsabilità di questa delicata attività che conduce in collaborazione con ESA”, aggiunge.

“Il progetto ottico dei telescopi di PLATO è nato in INAF negli Osservatori di Padova, Catania e Brera” ricorda Isabella Pagano, dell’Osservatorio Astrofisico di Catania, co-principal investigator della missione e Camera Scientist. “Durante gli anni di sviluppo e realizzazione il team INAF ha lavorato fianco a fianco con gli ingegneri del reparto engineering spazio di Leonardo Firenze – in collaborazione con Thales Alenia Space (Torino) e le pmi Media Lario, Hst S.r.l. e Gestione Silo – e con il team che gestisce il progetto per l’Agenzia Spaziale Italiana”. I telescopi lasciano l’Italia dopo essere stati sottoposti a prove che ne garantiscono la resistenza alle sollecitazioni termiche e meccaniche che il satellite incontrerà al lancio e nell’ambiente in cui sarà operativo, e dopo aver misurato le prestazioni ottiche.

Ad oggi, 10 dei 26 modelli di volo dei telescopi sono stati consegnati dall’INAF all’ESA e poi alla OHB System AG, il Prime Contractor per il satellite PLATO. La cerimonia di inaugurazione di una struttura dedicata a PLATO presso la sede di Oberpfaffenhofen di OHB System AG il 12 marzo ha segnato l’inizio della fase di integrazione dei telescopi sul banco ottico.

 

Ognuna delle 26 fotocamere è stata nominata in onore di astronomi/scienziati che sono stati pionieri della scienza correlata a PLATO. Le telecamere per modelli di volo pronte per essere integrate sul satellite sono quelle dedicate a:

Ipazia (circa 360, 415): era una filosofa, astronoma e matematica neoplatonica, che visse ad Alessandria d’Egitto, allora parte dell’Impero Romano d’Oriente. Fu una pensatrice di spicco ad Alessandria dove insegnò filosofia e astronomia.

Arthur Eddington (1882 –1944): era un astronomo, fisico e matematico inglese. Ha postulato la tecnica di rilevamento del transito, la ricerca ha coinvolto le stelle variabili e la rotazione stellare. Eddington è stato direttore degli Osservatori Yerkes, McDonald, Leuschner e National Radio Astronomy.

Caroline Herschel (1750-1848): era un’astronoma e matematica inglese di origine tedesca. Scoprì diverse comete, inclusa la cometa periodica 35P/Herschel-Rigollet, che porta il suo nome.

Bengt Stromgren (1908 – 1987): era un astronomo svedese, professore all’Università di Copenaghen e direttore dell’Osservatorio universitario di Copenaghen. Diede contributi fondamentali allo studio della struttura stellare; sviluppato un sistema fotometrico per lo studio della Galassia. È stato presidente della IAU (1948 – 1952 and 1970 – 1973) e dell’Accademia Reale Danese delle Scienze e delle Lettere.

Angioletta Coradini (1946-2011). Era un’astrofisica e scienziata planetaria italiana, con interessi che spaziavano dai corpi minori ai pianeti esterni e al lavoro teorico sulla formazione del nostro Sistema Solare. È stata ricercatrice principale dello strumento Jiram per la missione Juno New Frontiers della NASA. A lei è stato intitolato un cratere su Vesta (Angioletta) e un crater su Plutone (Coradini).

Paul Ledoux (1914-1988): era un astronomo belga, professore all’Università di Liegi, l’unico padre fondatore delle oscillazioni non radiali delle stelle. I concetti di costante di Ledoux, scissione di Ledoux, criterio di convezione di Ledoux per la stabilità stellare, ecc., sono concetti ben noti nell’astrofisica stellare in generale e nell’asterosismologia in particolare.

Françoise Praderie (1937-2009): è stata un’astronoma francese, specialista delle atmosfere stellari. Ha partecipato all’introduzione dell’astronomia UV nella fisica stellare, quindi allo sviluppo della spettropolarimetria per lo studio dei campi magnetici stellari. Coinvolta nello studio della microvariabilità e dell’astrosismologia fin dai primi anni ’80, è stata tra i pochissimi pionieri che hanno lottato duramente per rendere questo nuovo campo dell’astrofisica una realtà, ideando progetti spaziali innovativi, proposti al CNES e all’ESA.

Robert Emden (1862-1940): era un astrofisico e meteorologo svizzero. Per prima cosa propose un modello matematico del comportamento degli oggetti stellari gassosi politropici sotto l’influenza della loro stessa gravità, noto come equazione di Lane-Emden. A lui prende il nome il cratere Emden sulla Luna.

Anneliese Schnell (1941-2015): studiò matematica e fisica, seguite da astronomia all’Università di Vienna. Co-curatrice di “Die Sterne” e “Sterne und Weltraum”, la sua ricerca si è concentrata sull’osservazione di stelle variabili, stelle centrali di nebulose planetarie e stelle chimicamente peculiari. Negli ultimi anni si occupò di temi di storia dell’astronomia, compresi i pianeti minori, ma anche di storia delle donne in astronomia. Si è impegnata a promuovere l’adesione dell’Austria all’ESO dal 1984. Ha anche svolto un ruolo fondamentale nella promozione delle donne in astronomia, con l’obiettivo di ottenere candidature di donne per cattedre all’Università di Vienna a partire dagli anni Novanta. È diventata presidente del gruppo di lavoro per le pari opportunità presso l’Università di Vienna.

Otto Struve (1897-1963): era un astronomo russo-americano di origine tedesca. La ricerca di Struve si concentrò principalmente sulle stelle binarie e variabili, sulla rotazione stellare e sulla materia interstellare. Fu uno dei pochi eminenti astronomi dell’era pre-era spaziale a esprimere pubblicamente la convinzione che l’intelligenza extraterrestre fosse abbondante, e quindi fu uno dei primi sostenitori della ricerca della vita extraterrestre. È stato direttore degli Osservatori Yerkes, McDonald, Leuschner e Nazionale di Radioastronomia.

Entro la fine del 2024 tutti i modelli di volo delle telecamere saranno pronti per l’integrazione sul satellite. Restate sintonizzati per scoprire insieme a noi i nomi degli altri scienziati che voleranno con PLATO alla ricerca di nuovi pianeti terrestri orbitanti attorno a stelle di tipo solare, on the road per cercare la vita oltre il nostro Sistema Solare.

 

Isabella Pagano e Daniela Sicilia

 

PLATO è una missione spaziale dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA). Il carico utile PLATO è sviluppato congiuntamente dall’ESA e dal PLATO Mission Consortium (PMC). Il PMC contribuisce inoltre al segmento di terra della missione scientifica elaborando i dati PLATO. Il finanziamento della PMC è fornito dalle agenzienazionali, in particolare dalle agenzie che partecipano all’Accordo Multilaterale siglato con l’ESA: Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Portogallo, Spagna, Svezia, Svizzera, Regno Unito. I membri del PMC sono reperibili sul sito web del consorzio. Il sito web della missione ESA PLATO è: https://www.cosmos.esa.int/plato.

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Porte aperte per scoprire l’astrofisica italiana https://www.oact.inaf.it/2024/03/16/porte-aperte-per-scoprire-lastrofisica-italiana/ Sat, 16 Mar 2024 15:13:01 +0000 https://www.oact.inaf.it/?p=15889 Da lunedì 18 a domenica 24 marzo, in occasione dell’arrivo della primavera, l’Istituto nazionale di astrofisica accoglie la cittadinanza presso le proprie strutture con una serie di incontri aperti al pubblico. Prevista anche una diretta speciale per le scuole dedicata all’osservazione del Sole]]>

Ritorna la primavera e anche quest’anno ritorna la “Settimana aperta Inaf”, sette giorni nei quali l’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) apre le porte dei suoi osservatori e istituti di ricerca in tutta Italia per accogliere il pubblico e condividere le meraviglie dell’universo. L’iniziativa si tiene a partire dal 18 al 24 marzo, celebrando anche l’equinozio di primavera mercoledì 20 marzo.

La “Settimana aperta Inaf” prevede spettacoli, osservazioni del Sole e del cielo notturno al telescopio, tour dei laboratori di ricerca, esperienze didattiche per scuole di ogni ordine e grado, tavole rotonde, conferenze, giochi e molto altro. Sono in programma eventi a Bologna, Catania, Firenze, Milano, Napoli, Padova, Palermo e Roma, nonché presso la sede del Telescopio nazionale Galileo a La Palma, Isole Canarie.

Per lanciare l’iniziativa, lunedì 18 marzo a partire dalle 11.15 ci sarà una diretta speciale dedicata all’osservazione del Sole al telescopio, organizzata dalla redazione di EduInaf, il magazine online di didattica e divulgazione dell’Ente. La trasmissione, dal titolo “Guarda che Sole!”, fa parte della serie di dirette “Il cielo in salotto”, questa volta eccezionalmente in orario mattutino per favorire la partecipazione delle scuole di tutta Italia.

Durante la diretta, si potrà osservare il Sole con i telescopi ottici delle sedi Inaf di Napoli e Catania, per scoprirne i diversi strati e ammirare le splendide macchie solari che caratterizzano la nostra stella specialmente in questo periodo, mentre si avvicina al picco del suo ciclo di attività lungo 11 anni. Sarà possibile vedere il Sole anche da un’altra prospettiva, quella delle onde radio, grazie alle osservazioni del radiotelescopio di Medicina, vicino a Bologna, e avere un’anteprima del passaggio solare sulla linea meridiana dalla sede Inaf di Padova. Sarà possibile porre domande in diretta alle esperte e agli esperti dell’Inaf e misurare insieme a loro il diametro e la rotazione del Sole.

«Perché una settimana aperta all’Inaf? Il termine chiave qui è aperta: rappresenta il nostro impegno a spalancare le porte, reali o metaforiche che siano, del nostro istituto al pubblico, offrendo un’opportunità di incontro reale tra persone, scienziati e non, in un uno scambio reciproco di visioni del mondo», sottolinea Caterina Boccato, responsabile nazionale della didattica e divulgazione Inaf. «Penso infatti che mettere al centro le persone sia l’unica strada per far sì che la nostra società si avvii verso un futuro migliore».

Fonte: Media INAF

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Un’indagine innovativa rivela i segreti della nascita dei pianeti intorno a decine di stelle https://www.oact.inaf.it/2024/03/09/unindagine-innovativa-rivela-i-segreti-della-nascita-dei-pianeti-intorno-a-decine-di-stelle/ Sat, 09 Mar 2024 18:30:48 +0000 https://www.oact.inaf.it/?p=15829 Con una serie di studi, un gruppo di astronomi ha gettato nuova luce sull’affascinante e complesso processo della formazione dei pianeti. Le straordinarie immagini, catturate utilizzando il VLT (Very Large Telescope) dell'ESO (Osservatorio Europeo Australe) in Cile, rappresentano una delle più grandi survey mai effettuate sui dischi di formazione planetaria. La ricerca riunisce le osservazioni di oltre 80 giovani stelle intorno a cui potrebbero formarsi pianeti, fornendo agli astronomi una grande quantità di dati e di approfondimenti unici su come nascono i pianeti nelle diverse regioni della nostra galassia.]]>

Con una serie di studi, un gruppo di astronomi ha gettato nuova luce sull’affascinante e complesso processo della formazione dei pianeti. Le straordinarie immagini, catturate utilizzando il VLT (Very Large Telescope) dell’ESO (Osservatorio Europeo Australe) in Cile, rappresentano una delle più grandi survey mai effettuate sui dischi di formazione planetaria. La ricerca riunisce le osservazioni di oltre 80 giovani stelle intorno a cui potrebbero formarsi pianeti, fornendo agli astronomi una grande quantità di dati e di approfondimenti unici su come nascono i pianeti nelle diverse regioni della nostra galassia.

Si tratta davvero di un cambiamento nel nostro campo di studi”, afferma Christian Ginski, docente presso l’Università di Galway, in Irlanda, e autore principale di uno dei tre nuovi articoli pubblicati oggi su Astronomy & Astrophysics. “Siamo passati dallo studio intenso dei singoli sistemi stellari a questa vasta panoramica di intere regioni di formazione stellare”.

Sono stati finora scoperti più di 5000 pianeti in orbita intorno a stelle diverse dal Sole, spesso all’interno di sistemi nettamente diversi dal Sistema Solare. Per capire dove e come nasce questa diversità, gli astronomi devono osservare i dischi ricchi di polvere e gas che avvolgono le giovani stelle, le culle stesse della formazione dei pianeti. Questi si trovano piu’ facilmente nelle enormi nubi di gas in cui si stanno proprio formando le stelle.

Proprio come i sistemi planetari maturi, le nuove immagini mostrano la straordinaria diversità dei dischi che formano pianeti. “Alcuni di questi dischi mostrano enormi bracci a spirale, presumibilmente guidati dall’intricato balletto dei pianeti in orbita“, dice Ginski. “Altri mostrano anelli e grandi cavità scavate dai pianeti in formazione, mentre altri ancora sembrano lisci e quasi dormienti in mezzo a tutto questo trambusto di attività”, aggiunge Antonio Garufi, astronomo dell’Osservatorio Astrofisico di Arcetri del’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), e autore principale di uno degli articoli.

L’equipe ha studiato un totale di 86 stelle in tre diverse regioni di formazione stellare della nostra galassia: Taurus e Chamaeleon I, entrambi a circa 600 anni luce dalla Terra, e Orione, una nube ricca di gas a circa 1600 anni luce da noi nota come il luogo di nascita di numerose stelle più massicce del Sole. Le osservazioni sono state raccolte da un grande gruppo di ricerca internazionale, composto da scienziati provenienti da più di 10 paesi.

Il gruppo di lavoro ha raccolto diverse informazioni chiave dall’insieme dei dati. Per esempio, in Orione hanno scoperto che le stelle in gruppi di due o più avevano meno probabilità di avere grandi dischi di formazione planetaria. Questo è un risultato significativo dato che, a differenza del Sole, la maggior parte delle stelle della nostra galassia ha delle compagne. Oltre a ciò, l’aspetto irregolare dei dischi in questa regione suggerisce la possibilità che vi siano pianeti massicci incorporati al loro interno, il che potrebbe causare la deformazione e il disallineamento dei dischi.

Sebbene i dischi di formazione planetaria possano estendersi per distanze centinaia di volte maggiori della distanza tra la Terra e il Sole, la loro posizione a diverse centinaia di anni luce da noi li fa apparire come minuscole capocchie di spillo nel cielo notturno. Per osservare i dischi, l’equipe ha utilizzato il sofisticato strumento SPHERE (Spectro-Polarimetric High-contrast Exoplanet REsearch instrument) installato sul VLT dell’ESO. Il sistema all’avanguardia di ottica adattiva estrema di SPHERE corregge gli effetti di turbolenza dell’atmosfera terrestre, producendo immagini nitide dei dischi. Ciò significa che l’equipe ha potuto acquisire immagini di dischi attorno a stelle con masse pari alla metà della massa del Sole, che in genere sono troppo deboli per la maggior parte degli altri strumenti oggi disponibili. Ulteriori dati per la survey sono stati ottenuti utilizzando lo strumento X-shooter montato sul VLT, che ha permesso agli astronomi di determinare quanto siano giovani e massicce le stelle. D’altra parte, ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array), di cui l’ESO è partner, ha aiutato il gruppo a comprendere meglio la quantità di polvere che circonda alcune stelle.

Con l’avanzare della tecnologia, l’equipe spera di scavare ancora più a fondo nel cuore dei sistemi di formazione planetaria. Il grande specchio da 39 metri di diametro del futuro ELT (Extremely Large Telescope) dell’ESO, per esempio, consentirà di studiare le regioni più interne dei dischi intorno alle giovani stelle, dove potrebbero formarsi pianeti rocciosi simili al nostro.

Per ora, queste immagini spettacolari forniscono ai ricercatori un tesoro di dati per aiutare a svelare i misteri della formazione dei pianeti. “È quasi poetico che i processi che segnano l’inizio del viaggio verso la formazione dei pianeti e, in definitiva, la vita nel Sistema Solare siano così belli“, conclude Per-Gunnar Valegård, studente di dottorato presso l’Università di Amsterdam, Paesi Bassi, che ha condotto lo studio su Orione. Valegård, che è anche insegnante part-time presso la Scuola Internazionale Hilversum nei Paesi Bassi, spera che le immagini ispirino i suoi alunni a diventare scienziati in futuro.

Ulteriori Informazioni

Questo lavoro è stato presentato in tre diversi articoli pubblicati su Astronomy & Astrophysics.  I dati presentati sono stati raccolti nell’ambito di un programma di tempo garantito del consorzio SPHERE e del Large Programme dell’ESO DESTINYS (Disk Evolution Study Through Imaging of Nearby Young Stars).

  1. “The SPHERE view of the Chamaeleon I star-forming region: The full census of planet-forming disks with GTO and DESTINYS programs”: C. Ginski (University of Galway, Irlanda; Leiden Observatory, Leiden University, Paesi Bassi [Leiden]; et al.

  1. “The SPHERE view of the Taurus star-forming region: The full census of planet-forming disks with GTO and DESTINYS programs”: A. Garufi (INAF, Osservatorio Astrofisico di Arcetri, Italia [INAF Arcetri]), et al. tra cui S. Messina (INAF – Osservatorio Astrofisico di Catania, Italia)

  1. “Disk Evolution Study Through Imaging of Nearby Young Stars (DESTINYS): The SPHERE view of the Orion star-forming region”: P.-G. Valegård (Anton Pannekoek Institute for Astronomy, University of Amsterdam, Paesi Bassi [API]), et al.

ALMA, l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array, un osservatorio astronomico internazionale, è una collaborazione fra l’ESO, la U.S. National Science Foundation (NSF) e gli Istituti Nazionali di Scienze Naturali del Giappone (NINS), in cooperazione con la repubblica del Cile. ALMA è stato fondato dall’ESO per conto dei suoi stati membri, dall’NSF in cooperazione con il National Research Council del Canada (NRC) e dal National Science and Technology Council (NSTC) in Taiwan e dal NINS in cooperazione con l’Accademia Sinica di Taiwan (AS) e l’Istituto di Astronomia e Scienze Spaziali della Corea (KASI). La costruzione e la gestione di ALMA sono condotte dall’ESO per conto dei suoi stati membri, dall’Osservatorio Nazionale di Radio Astronomia (NRAO) gestito dalle Associated Universities, Inc. (AUI) per conto del Nord America e dall’Osservatorio Astronomico Nazionale del Giappone (NAOJ) per conto dell’Asia Orientale. L’osservatorio congiunto di ALMA (JAO: Joint ALMA Observatory) fornisce la guida unitaria e la gestione della costruzione, del commissioning e delle operazioni di ALMA.

L’ESO (European Southern Observatory o Osservatorio Europeo Australe) consente agli scienziati di tutto il mondo di scoprire i segreti dell’Universo a beneficio di tutti. Progettiamo, costruiamo e gestiamo da terra osservatori di livello mondiale – che gli astronomi utilizzano per affrontare temi interessanti e diffondere il fascino dell’astronomia – e promuoviamo la collaborazione internazionale per l’astronomia. Fondato come organizzazione intergovernativa nel 1962, oggi l’ESO è sostenuto da 16 Stati membri (Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Finlandia, Germania, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Spagna, Svezia e Svizzera), insieme con il paese che ospita l’ESO, il Cile, e l’Australia come partner strategico. Il quartier generale dell’ESO e il Planetario e Centro Visite Supernova dell’ESO si trovano vicino a Monaco, in Germania, mentre il deserto cileno di Atacama, un luogo meraviglioso con condizioni uniche per osservare il cielo, ospita i nostri telescopi. L’ESO gestisce tre siti osservativi: La Silla, Paranal e Chajnantor. Sul Paranal, l’ESO gestisce il VLT (Very Large Telescope) e il VLTI (Very Large Telescope Interferometer), così come telescopi per survey come VISTA. Sempre a Paranal l’ESO ospiterà e gestirà la schiera meridionale di telescopi di CTA, il Cherenkov Telescope Array Sud, il più grande e sensibile osservatorio di raggi gamma del mondo. Insieme con partner internazionali, l’ESO gestisce APEX e ALMA a Chajnantor, due strutture che osservano il cielo nella banda millimetrica e submillimetrica. A Cerro Armazones, vicino a Paranal, stiamo costruendo “il più grande occhio del mondo rivolto al cielo” – l’ELT (Extremely Large Telescope, che significa Telescopio Estremamente Grande) dell’ESO. Dai nostri uffici di Santiago, in Cile, sosteniamo le operazioni nel paese e collaboriamo con i nostri partner e la società cileni.

Fonte: Eso.org

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MeerKAT+: l’estensione di MeerKAT https://www.oact.inaf.it/2024/02/26/meerkat-lestensione-di-meerkat/ Mon, 26 Feb 2024 18:51:11 +0000 https://www.oact.inaf.it/?p=15717 La consegna della prima parabola dell'estensione MeerKAT segna un'importante pietra miliare per la costruzione dello SKA-MID. ]]>

Mercoledì 21 febbraio 2024: La prima antenna MeerKAT+ è stata consegnata oggi con una festosa cerimonia nella regione di Karoo, in Sudafrica. Questo segna un altro passo importante verso il telescopio a media frequenza dell’Osservatorio SKA (SKAO), nel quale le 14 antenne dell’estensione MeerKAT saranno integrate nei prossimi anni. Oltre ai rappresentanti dei membri del Max Planck Society (MPG), South African Radio Astronomy Observatory (SARAO) e Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), che finanziano congiuntamente queste 14 antenne, alla cerimonia di consegna hanno partecipato ospiti invitati dai Paesi partner coinvolti e da SKAO.

Nei loro discorsi di benvenuto, Angus Paterson, vice direttore generale della National Research Foundation in Sudafrica, Takalani Nemaungani, direttore capo del portafoglio Astronomia del Dipartimento per la Scienza e l’Innovazione, Enrico Brandt, vice ambasciatore dell’Ambasciata tedesca in Sudafrica, e Michael Kramer, direttore del Max Planck Institute for Radio Astronomy di Bonn, Germania, hanno sottolineato l’importanza dell’evento per il futuro della radioastronomia.

Insieme a Pontsho Maruping, direttore generale del South African Radio Astronomy Observatory (SARAO), Michael Kramer ha parlato dello sviluppo dell’estensione dell’antenna MeerKAT (MeerKAT+) e dell’eccellente collaborazione durante l’intero processo. “È incredibilmente impressionante vedere ciò che è già stato raggiunto con il telescopio MeerKAT, e si possono prevedere risultati ancora maggiori con l’espansione“, ha detto. Il momento culminante della cerimonia è stata la visita al campo dell’antenna, dove l’antenna MeerKAT+ è stata consegnata ufficialmente da Fabrice Scheid, amministratore delegato della sede di Mainz di OHB Digital Connect.

L’espansione del telescopio MeerKAT approfondirà ulteriormente la cooperazione scientifica e tecnologica già avviata attraverso la stretta collaborazione tra SARAO e la Max Planck Society (MPG) in Germania nell’ambito di MeerKAT. “Il progetto è iniziato solo nel 2019 ed è bello vedere che i primi successi di questo progetto congiunto sono ora visibili“, ha dichiarato Pontsho Maruping, aggiungendo che “Il progetto di espansione di MeerKAT+ migliorerà in modo significativo la sensibilità, la risoluzione angolare e la qualità delle immagini del radiotelescopio MeerKAT.” L’espansione delle 64 antenne paraboliche di MeerKAT con almeno altre 14 parabole darà vita a un enorme telescopio virtuale in grado di produrre immagini radio dettagliate dall’osservazione di deboli sorgenti radio.

Queste capacità cresceranno ulteriormente quando le antenne MeerKAT entreranno a far parte dell’enorme telescopio SKA-MID a 197 dischi, attualmente in costruzione nello stesso sito.

The MeerKAT INAF team for band 5: Antonio Semola, Andrea Melis, Francesco Schillirò, Corrado Trigilo, Grazia Umana, Gianfranco Fallica, Francesco Cavallaro, Alessandro Cabras

L’espansione di MeerKAT aumenta la sensibilità dei sistemi di ricezione di circa il 50%, consentendo non solo una mappatura molto più rapida del cielo, ma anche il rilevamento di sorgenti astronomiche estremamente deboli“, ha dichiarato Angus Paterson. Dennis Winkelmann, amministratore delegato del partner industriale OHB Digital Connect, si è detto soddisfatto del risultato: “Abbiamo dimostrato che il progetto è eccellente, che funziona per uso scientifico e che è adatto alla produzione in serie su scala industriale“.

Questo progetto è un altro esempio dell’eccellente e fiduciosa collaborazione tra SARAO e MPIfR“, ha dichiarato Michael Kramer. “È fantastico vedere completata la prima antenna MeerKAT+. Si tratta di un risultato ottenuto da partner scientifici e industriali, a livello nazionale e internazionale. E non vedo l’ora di vedere i primi dati provenienti dall’antenna insieme al resto dell’array“.

 

Fonte: INAF.it/en (tradotto con DeepL.com)

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Tre intensi Flare Solari nelle ultime 24 ore: cosa sta succedendo alla nostra stella? https://www.oact.inaf.it/2024/02/26/tre-intensi-flare-solari-nelle-ultime-24-ore-cosa-sta-succedendo-alla-nostra-stella/ Mon, 26 Feb 2024 11:30:29 +0000 https://www.oact.inaf.it/?p=15701 Nelle ultime 24 ore, il nostro Sole ha dimostrato la sua potenza in modo spettacolare attraverso tre intensi flare solari, eventi che hanno catturato l’attenzione degli scienziati spaziali di tutto […]]]>

Nelle ultime 24 ore, il nostro Sole ha dimostrato la sua potenza in modo spettacolare attraverso tre intensi flare solari, eventi che hanno catturato l’attenzione degli scienziati spaziali di tutto il mondo e anche del gruppo di Fisica Solare dell’INAF-OACT.

I flare solari, che rappresentano improvvisi e intensi aumenti di energia provenienti dalla superficie del Sole, sono fenomeni comuni ma possono variare in intensità. Tuttavia, quelli verificatisi recentemente hanno sorpreso gli esperti per la loro eccezionale potenza.

Il primo dei tre flare è stato osservato con grande attenzione dagli astronomi. Classificato come un flare di classe X1.9, ha rilasciato una notevole quantità di radiazioni elettromagnetiche nell’atmosfera solare, generando onde radio e qualche interferenza sulle comunicazioni terrestri.

Il secondo flare, classificato come un flare di classe X1.7, è stato di intensità leggermente inferiore. Questo fenomeno è stato osservato da diverse sonde spaziali e telescopi solari a terra, tra i quali il Telescopio Solare di Catania.

Il terzo evento è stato un flare di classe X6.3 ed è stato ad oggi il flare più intenso dell’attuale ciclo solare. Gli scienziati, consapevoli che questi eventi stanno confermando l’approssimarsi del massimo di attività magnetica solare, prevista per la fine di questo anno, stanno monitorando attentamente in queste ore l’impatto di queste emissioni sulla magnetosfera terrestre e sui satelliti in orbita.

La comunità scientifica si sta ora concentrando sull’analisi dei dati raccolti da varie fonti per comprendere appieno l’impatto di questi flare sulla Terra e sul nostro sistema solare. Gli esperti stanno anche monitorando attentamente la possibilità di tempeste geomagnetiche che potrebbero derivare da tali eventi solari intensi.

In conclusione, questi tre flare solari delle ultime 24 ore hanno fornito agli scienziati nuovi dati e spunti di ricerca per approfondire la comprensione del comportamento del Sole e per migliorare le previsioni sulle tempeste solari, sottolineando ancora una volta quanto sia fondamentale continuare a studiare il nostro astro principale per comprendere e mitigare i suoi effetti sulla Terra.

 

Per saperne di più:

  • guarda la puntata del 26 febbraio 2024 di “Buongiorno Sicilia” con ospite il Dott. Paolo Romano (INAF-OACT, responsabile del Telescopio Solare)

 

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XIV Corso di Formazione per docenti https://www.oact.inaf.it/2024/02/21/xiv-corso-di-formazione-per-docenti/ Wed, 21 Feb 2024 17:15:43 +0000 https://www.oact.inaf.it/?p=15687 La Società Astronomica Italiana (SAIt), nell'ambito del Protocollo d'intesa Ministero dell’Istruzione e del Merito-Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione – Direzione generale per gli ordinamenti scolastici, la valutazione e l’internazionalizzazione del Sistema Nazionale di Istruzione, in sinergia con l’Istituto Nazionale di Astrofisica, organizzano il corso on-line di formazione per docenti dal titolo: “Il ruolo dell’Astrofisica nel quadro generale dell’insegnamento della Fisica”.]]>

La Società Astronomica Italiana (SAIt), nell’ambito del Protocollo d’intesa Ministero dell’Istruzione e del Merito-Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione – Direzione generale per gli ordinamenti scolastici, la valutazione e l’internazionalizzazione del Sistema Nazionale di Istruzione, organizza, in sinergia con l’Istituto Nazionale di Astrofisica, l’I.I.S.S. “G.B. Vaccarini” di Catania e l’Università degli studi di Catania, il corso di formazione per docenti dal titolo: “L’Astrofisica nell’insegnamento delle discipline scientifiche e umanistiche”.

Il Corso si svolgerà in modalità remota utilizzando la piattaforma meet. Agli iscritti sarà inviato il link per il collegamento, che sarà lo stesso per tutte le lezioni.

 

Il corso consisterà di otto lezioni della durata di 2 ore e mezza ciascuna e si svolgerà dal 6 marzo al 12 aprile.

PROGRAMMA

  • 6 marzo, ore 15:00-15:30
    G. Cutispoto, E. Ferraro, A. Misiano: Presentazione del corso
  • 6 marzo, ore 15:30-17:30
    Giuseppe Cutispoto: La distanza della Luna, da un racconto di Italo Calvino
  • 13 marzo, ore 15:30-17:00
    Salvatore L. Guglielmino: L’Astronomia nella letteratura italiana di ‘800 e ‘900
  • 20 marzo, ore 15:30-17:00
    Giorgio Nordo: Ponti musei colori un approccio informale alla geometria computazionale
  • 22 marzo, ore 15:30-17:00
    Vincenzo Antonuccio: JWST: le prime galassie e buchi neri dell’Universo
  • 27 marzo, ore 15:30-17:00
    Alessandro Lanzafame: Le stelle giovani
  • 3 aprile, ore 15:30-17:00
    Giuseppe Puglisi: I primi istanti dell’Universo
  • 10 aprile, ore 15:30-17:00
    Daniela Sicilia – Giovanni Bruno: A caccia di nuovi mondi: gli esopianeti
  • 12 aprile, ore 15:30-17:00
    Angela Misiano: Il cielo e il mare: un dialogo con la storia

 

Modalità di partecipazione

Il corso, della durata complessiva di 20 ore, è aperto a 80 docenti di scuola secondaria di I e II grado di discipline scientifiche, umanistiche ed artistiche.

Il Corso è inserito sulla piattaforma S.O.F.I.A con l’Identificativo Iniziativa Formativa n. 91625 e l’Identificativo Edizione n. 135616. I docenti possono accedere e iscriversi al Corso inserendo anche il titolo: “L’Astrofisica nell’insegnamento delle discipline scientifiche e umanistiche”.
La richiesta d’iscrizione può essere effettuata a partire dal 19/02/2024 e non oltre il 04/03/2024.
La Certificazione delle competenze acquisite verrà rilasciata in automatico dalla Piattaforma dopo aver compilato il questionario di gradimento.
I docenti che non hanno accesso alla Piattaforma SOFIA possono richiedere l’iscrizione al Corso inviando una e-mail alla Prof.ssa Emilia Ferraro (emilia.ferraro@yahoo.it).

 

Direttore del Corso: Giuseppe Cutispoto (INAF-Osservatorio Astrofisico di Catania)
Facilitatrice: Emilia Ferraro (Docente scuola Secondaria di Secondo Grado)
Sede organizzativa: I.I.S.S. “G.B. Vaccarini”; Via Orchidea, 9 – 95123 – Catania (095-6136239)

Contatti Logistica: Emilia Ferraro
emilia.ferraro@yahoo.it
3683419802
Contatti Segreteria SAIt: Stefania Magnifico
segreteria@sait.it
3477005060

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Il più giovane sistema multi-planetario compatto https://www.oact.inaf.it/2024/02/13/il-piu-giovane-sistema-multi-planetario-compatto/ Tue, 13 Feb 2024 14:31:00 +0000 https://www.oact.inaf.it/?p=15658 Questo sistema, TOI-5398, è costituito da un “sub-Nettuno” caldo orbitante internamente rispetto al suo compagno di massa simile a Saturno a corto periodo orbitale. Il pianeta gigante al suo interno risulta essere il miglior candidato per studi di caratterizzazione atmosferica con il telescopio spaziale James Webb tra tutti i giganti caldi conosciuti. I dati su Astronomy & Astrophysics]]>

Toi-5398, una sigla che potrebbe non dirci molto eppure nasconde un record: si tratta del più giovane sistema multi-planetario “compatto”, in cui vi è la compresenza di un piccolo pianeta vicino alla stella assieme a un compagno planetario gigante con periodo orbitale di circa dieci giorni. Questo sistema è solamente il sesto con tale caratteristica compresenza tra i più di 500 sistemi che ospitano pianeti giganti a corto periodo. I dati relativi a questa conferma sono stati pubblicati sulla rivista Astronomy & Astrophysics da un gruppo guidato dall’Istituto nazionale di astrofisica e dall’Università di Padova. Secondo gli autori dell’articolo, questo sistema è praticamente unico nel suo genere, potenzialmente una “pietra miliare” per lo studio e la comprensione dei pianeti giganti a corto periodo.

Le misurazioni sono state ottenute con lo spettrografo Harps-N al Telescopio nazionale Galileo (Tng) dell’Inaf, alle Canarie, nell’ambito della collaborazione nazionale Gaps (Global Architecture of Planetary Systems). In questo studio, è stato inoltre fondamentale l’utilizzo di dati spaziali del Transiting Exoplanet Survey Satellite (Tess) della Nasa, e del coordinamento di numerosi ricercatori ed osservatori astronomici sparsi in tutto il mondo.

Il Telescopio Nazionale Galileo (TNG) di INAF, un telescopio di 3,58 metri di diametro situato sulla sommità dell’isola di San Miguel de La Palma. Il TNG è il più importante strumento ottico della comunità astronomica italiana. Crediti: G. Mantovan

Toi-5398 è di gran lunga il più giovane tra i cosiddetti sistemi “compatti”: 650 milioni di anni contro i 3-10 miliardi di anni degli altri sistemi. Un infante, si potrebbe dire. Inoltre, il pianeta maggiore nel sistema risulta il miglior candidato per studi di caratterizzazione atmosferica tramite il telescopio spaziale James Webb della Nasa tra tutti i giganti caldi conosciuti. Per “giganti caldi” (in inglese, warm giants) si intende pianeti giganti tra 10 e 100 giorni di periodo orbitale, da non confondere con gli “hot giants”, che possiedono periodi orbitali sotto i 10 giorni”. Toi-5398 è costituito da un “sub-Nettuno” caldo (Toi-5398 c) orbitante internamente rispetto al suo compagno di massa simile a Saturno a corto periodo orbitale (Toi-5398 b).

«Il nostro studio supporta una delle teorie di formazione dei pianeti giganti a corto periodo», spiega Valerio Nascimbeni, ricercatore all’Inaf di Padova, «la quale vede questi ultimi formarsi nelle regioni esterne del sistema e farsi spazio (in un sistema multi-planetario) tramite migrazioni “tranquille”, che prevengono la sovrapposizione delle orbite planetarie e la conseguente distruzione del sistema. Tale teoria risale al 1996, frutto di uno studio teorico guidato da Douglas Lin della University of California, Santa Cruz, ma è da pochissimi anni che abbiamo un riscontro osservativo di simili sistemi (solo 5 su più di 500 sistemi con pianeti giganti a corto periodo mostra tale configurazione/architettura orbitale)».

Gli altri cinque sistemi planetari con queste caratteristiche, ossia un’origine non violenta e la compresenza di piccoli pianeti assieme al pianeta gigante a corto periodo,  sono Wasp-47, Kepler-730, Wasp-132, Toi-1130 e Toi-2000.

Il ricercatore Giacomo Mantovan, primo autore dell’articolo e ricercatore del dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Padova nonché associato Inaf. Crediti: G. Mantovan

Toi-5398, come detto, è solo il sesto sistema in questa ristrettissima cerchia e mostra una caratteristica molto particolare, perché rispetto agli altri è giovanissimo. «La sua formazione, infatti, anziché datare, come gli altri, fra i 3 e 10 miliardi di anni, viene misurata in circa 650 milioni di anni», aggiunge Giacomo Mantovan, primo autore dell’articolo e ricercatore al Dipartimento di fisica e astronomia dell’Università di Padova, nonché associato Inaf. «Questo è l’aspetto eccezionale, perché tale sistema non si trova in una situazione congelata e definitiva come gli altri, ma è appunto giovane e quindi in evoluzione. Può offrire quindi nuove risposte rispetto all’evoluzione dei pianeti e della loro atmosfera».

«Comprendere il processo di formazione e sviluppo dei pianeti giganti a corto periodo è di estrema importanza anche per la comprensione del Sistema solare, in quanto non esiste un corrispettivo planetario del nostro vicinato planetario. Per comprendere questa mancanza nel nostro sistema e le sue possibili implicazioni – ad esempio sulla presenza della vita – è fondamentale esaminare la storia di formazione di tali pianeti nei sistemi planetari in cui essi sono presenti», prosegue il ricercatore.

Mantovan analizza gli sviluppi futuri di questa ricerca. «TOI-5398 è un interessante sistema in ottica futura, in quanto entrambi i pianeti del sistema sono candidati ideali per svolgere caratterizzazioni atmosferiche precise, ed anche grazie alla loro giovane età. L’unione di queste due proprietà ed alla presenza di due pianeti con differenti caratteristiche (raggio, massa, ecc), offre la rara opportunità di poter studiare i segni distintivi di differenti storie di formazione planetaria sotto l’influenza della stessa stella, solitamente inaccessibili in sistemi planetari più evoluti e vecchi».

E conclude: «Toi-5398 potrebbe quindi potenzialmente diventare una pietra miliare per comprendere la formazione di sistemi planetari dove sono presenti giganti a breve periodo orbitale, e potrebbe diventare un punto di riferimento anche all’interno del limitatissimo sottocampione di sistemi ove sono presenti anche piccoli compagni planetari tra il gigante a corto periodo e la stella».

Fonte: Media INAF

Per saperne di più:

  • Leggi su Astronomy & Astrophysics l’articolo “The GAPS programme at TNG XLIX. TOI-5398, the youngest compact multi-planet system composed of an inner sub-Neptune and an outer warm Saturn”, di G. Mantovan, L. Malavolta, S. Desidera, T. Zingales, L. Borsato, G. Piotto, A. Maggio, D. Locci, D. Polychroni, D. Turrini, M. Baratella, K. Biazzo, D. Nardiello, K. Stassun, V. Nascimbeni, S. Benatti, A. Anna John, C. Watkins, A. Bieryla, J. J. Lissauer, J. D. Twicken, A. F. Lanza, J. N. Winn, S. Messina, M. Montalto, A. Sozzetti, H. Boffin, D. Cheryasov, I. Strakhov, F. Murgas, M. D’Arpa, A. S. Bonomo, F. Borsa, L. Cabona, A. C. Cameron, R. Claudi, W. Cochran, K. A. Collins, M. Damasso, J. Dong, M. Endl, A. Fukui, G. Fűrész, D. Gandolfi, A. Ghedina, J. Jenkins, P. Kabáth, D. W. Latham, V. Lorenzi, R. Luque, J. Maldonado, K. McLeod, M. Molinaro, N. Narita, G. Nowak, J. Orell-Miquel, E. Pallé, H. Parviainen, M. Pedani, S. N. Quinn, H. Relles, P. Rowden, G. Scandariato, R. Schwarz, S. Seager, A. Shporer, A. Vanderburg and T. G. Wilson.
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Ottimizzazione codice Python per applicazioni ai pianeti extrasolari https://www.oact.inaf.it/2024/02/08/ottimizzazione-codice-python-per-applicazioni-ai-pianeti-extrasolari/ Thu, 08 Feb 2024 10:44:45 +0000 https://www.oact.inaf.it/?p=15611

Ottimizzazione codice Python per applicazioni ai pianeti extrasolari

La ricerca legata ai pianeti extrasolari, ovvero pianeti che orbitano attorno a stelle diverse dal Sole, si sta spingendo negli ultimi anni verso la scoperta e caratterizzazione di mondi simili alla Terra. Questo rappresenta innanzitutto una sfida tecnologica, in quanto è necessario disporre di strumentazione d’avanguardia in grado di limitare le incertezze di misura.

Inoltre, la mole di dati, nonché la necessità di dover modellare i vari segnali presenti nei dati osservativi, rendono necessario ricorrere a strumenti di calcolo avanzato, quali codici parallelizzati su più livelli (farming, multi-threading, parallelizzazione MPI, GPU) che girano su infrastrutture HPC.

Il gruppo di lavoro impegnato nella ricerca in ambito esoplanetologico ha già impostato un codice python che necessita adesso di una ottimizzazione su più fronti, in modo da velocizzare l’esecuzione del calcolo e l’estrazione delle quantità di interesse. Gli interventi previsti sul codice riguardano la vettorizzazione ove possibile, il testing delle librerie disponibili in rete per il calcolo parallelo, il confronto delle performance su cluster di CPU e GPU, l’utilizzo di compilatori JIT (Numba, JAX).

Il tirocinante sarà supportato dai ricercatori impegnati nella scrittura e sviluppo del suddetto codice. Il lavoro svolto nel corso del tirocinio potrà essere integrato in un lavoro di Tesi (Triennale, Magistrale) nel caso in cui il tirocinante voglia continuare ad occuparsi del progetto proposto.

 

 Referente: Gaetano Scandariato, Eva Sciacca  (mail: gaetano.scandariato@inaf.it, eva.sciacca@inaf.it)

AREA DI RICERCA: Calcolo ad Alte Prestazioni per l’Astrofisica, Pianeti Extrasolari e Astrobiologia

DURATA: 3-6 mesi

PREREQUISITI:

  • Conoscenza del linguaggio Python
  • Conoscenza tecniche di calcolo parallelo
  • Conoscenza di base della lingua inglese
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Giornata delle donne e delle ragazze nella scienza https://www.oact.inaf.it/2024/02/07/giornata-delle-donne-e-delle-ragazze-nella-scienza/ Wed, 07 Feb 2024 12:47:36 +0000 https://www.oact.inaf.it/?p=15593 Domenica 11 febbraio sarà la "Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza”. Istituita nel 2015 dall’Onu, la ricorrenza viene celebrata in contemporanea in tutto il mondo per una maggiore partecipazione da parte delle donne e delle ragazze nella ricerca scientifica senza nessuna discriminazione di genere. Per l'occasione, l’Istituto nazionale di astrofisica ha organizzato e patrocinato numerosi eventi su tutto il territorio italiano – e non solo]]>

Anche per la nona edizione, l’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) partecipa alla Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza, promossa dall’Onu e celebrata in contemporanea in tutto il mondo, con una serie di eventi in numerose sedi in Italia e, quest’anno, anche all’estero. Tutte le iniziative intendono promuovere la partecipazione nella ricerca scientifica senza distinzione di genere e cercano di sensibilizzare la società sulle sfide e le opportunità che le donne affrontano nel campo della scienza. Di seguito, vi proponiamo una panoramica degli eventi che, a partire dal 9 febbraio, vedranno coinvolti in prima linea ricercatori e ricercatrici di diversi osservatori astronomici Inaf.

Cinque fra le scienziate italiane nella top-500 di Research.com. Da sinistra: l’epidemiologa Eva Negri e le astronome Elena Pian, Marcella Brusa, Lucia Pozzetti ed Elena Zucca. Crediti: Federica Loiacono/Inaf

Genova, venerdì 9 febbraio – Partendo dalla riviera ligure, vi segnaliamo la proiezione del film Il diritto di contare, seguita dal dibattito sul ruolo delle donne e delle minoranze nella ricerca scientifica. L’appuntamento sarà al Cinema Ariston e nasce all’interno della collaborazione dell’Inaf con Circuito Cinema Scuole e il Dipartimento di fisica dell’Università di Genova. Partecipano all’evento, per il gruppo Univers@ll dell’Inaf, che si occupa di equità nell’accesso alla cultura scientifica, Eleonora Fiorellino e Claudia Mignone, qui in veste di moderatrice, oltre a studentesse e ricercatrici di fisica dell’Università di Genova.

Bologna, lunedì 12 febbraio – Un’altra proiezione è al centro dell’evento organizzato dall’Inaf Oas presso la Cineteca del capoluogo emiliano. Questa volta si tratta del documentario Picture a scientist e a intervenire sarà Stefania Varano a capo del gruppo Univers@ll dell’Inaf.

Roma, dal 9 al 12 Febbraio – La capitale ospiterà diversi eventi sul tema, a partire da “Creatività femminile e metodologia scientifica”, un convegno al Cnr per evidenziare – attraverso testimonianze personali, professionali, accademiche – quanto sia importante l’attitudine femminile, creativa ed emozionale, per l’avanzamento della ricerca scientifica. Organizzato da “Rete per la parità” il 9 febbraio, l’incontro vedrà interventi di Martina Cardillo, Enrico CostaStefano Orsini dell’Inaf Iaps di Roma. Martina Cardillo, terrà anche un seminario scientifico e una serie di letture di poesie in romanesco presso l’Istituto comprensivo “E. Montale”, in Via Casal Bianco, lunedì 12 febbraio nell’iniziativa “Space Science Club”. Sempre la mattina del 12 febbraio il Comitato unico di garanzia dell’Inaf, insieme a quelli di altri enti e istituzioni di ricerca (Asi, Infn, Cnr, Enea, Università di Roma Tor Vergata), organizzeranno “Scienza e Tecnologia? Giochi da ragazze!”, una giornata ricca di incontri e testimonianze in collaborazione con l’associazione Women in Aerospace (Wia) e con il patrocinio dell’Unione astronomica internazionale (Iau). L’evento, dedicato alle scuole superiori di II grado dell’area di Frascati, ma disponibile anche online su Teams, vede la partecipazione de “La scienza coatta” e di “GenerazioneStem”, la testimonianza della ricercatrice Inaf Francesca Panessa e Silvia Piranomonte e Chiara Badia del Cug Inaf tra gli organizzatori. Ospite d’eccezione, l’astrofisica Marica Branchesi, presidente del Consiglio scientifico dell’Inaf.

Tracy Caldwell Dyson, chimica e astronauta della Nasa, osserva la Terra dalla Stazione spaziale internazionale. Crediti: Tracy Caldwell Dyson/Nasa

Nella stessa giornata, il Cug Inaf ha concesso il patrocinio all’evento “She rocks science”, presso il Dipartimento di fisica dell’Università La Sapienza, che ospiterà una tavola rotonda e un’esposizione di poster sul progetto “Did this really happen?” e sulle ricerche svolte dalle giovani ricercatrici in astrofisica e astronomia rivolta a studenti e studentesse dei primi anni dell’università. Nella stessa giornata, anche l’Osservatorio astronomico di Roma dell’Inaf accoglierà studenti e studentesse per un incontro tutto al femminile, durante il quale le scuole secondarie di primo e secondo grado avranno l’opportunità di conoscere più da vicino alcune delle ricercatrici dell’Osservatorio grazie ai contributi di Ilaria Ermolli, Mariarita Murabito, Silvia Tosi, Flavia Dell’Agli, Chiara Ventura, Giuliana Fiorentino e Maria Teresa Menna. Infine, per chi ha voglia di affrontare il tema della parità di genere nella scienza con il sorriso sulle labbra, vi suggeriamo lo spettacolo “STEMano ponno esse donne e ponno esse scienziate” de “La Scienza Coatta” programmato per l’11 febbraio alle 20.00 e ospitato all’interno della mostra Inaf “Macchine del Tempo” al Palazzo delle Esposizioni.

Napoli, 15, 16 febbraio e 22 marzo – Nel capoluogo campano, l’Università Parthenope ospiterà, nei giorni 15 e 16 febbraio, “La vita e lo spazio”, un evento in cui docenti, studenti e studentesse rappresenteranno potenziali role-models per le generazioni più giovani. Per Inaf parteciperà Rosaria Sara Bonito dell’Osservatorio astronomico di Palermo. Il 22 marzo a Napoli ci sarà la presentazione dei risultati di “The fight against Gender Stereotypes begins in the classroom”, il progetto – seguito da Clementina Sasso dell’Inaf di Napoli – che ha proposto un corso di formazione per i docenti delle scuole di ogni ordine e grado sul tema degli stereotipi di genere e di come essi agiscono in ambito scolastico e sullo sviluppo di attività didattiche ad hoc. Le attività didattiche sviluppate e testate in alcune classi campione in forma di gioco e di storytelling saranno poi messe a disposizione di tutti i docenti interessati a includerle nella propria pratica didattica. L’iniziativa, realizzata con il supporto dell’Inaf di Napoli, è interamente finanziata dall’U.S. Department of State Bureau of Education and Cultural Affairs attraverso il Meridian International Center, partner esecutivo, grazie al Piano lauree scientifiche del Dipartimento di fisica “E. Pancini” dell’Università di Napoli Federico II, all’Inner Wheel Club Torre del Greco e Comuni Vesuviani e con il patrocinio della missione diplomatica degli Stati Uniti in Italia.

Palermo, venerdì 9 febbraio – L’Osservatorio astronomico di Palermo, come negli scorsi anni, rinnova il suo impegno nella “Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza” organizzando un evento in collaborazione con l’Iss “Mario Rutelli” e con interventi da parte di colleghe e colleghi dell’Inaf, dell’Università di Palermo, dei Cug dell’Inaf (con Fabio D’Anna) e della Regione Sicilia, del gruppo Univers@ll dell’Inaf (con Silvia Pietroni), dell’associazione “Spazio Donna Zen”. In tale occasione si svolgerà la premiazione e l’esposizione degli elaborati sul tema “Donne e scienza” prodotti dalle studentesse e dagli studenti partecipanti selezionati dalla commissione nazionale. I progetti saranno tradotti nella lingua dei segni italiana durante l’evento che si terrà in presenza e in diretta nazionale sul canale YouTube dell’Inaf di Palermo.

Catania, domenica 11 febbraio – Rimaniamo in Sicilia, dove anche le ricercatrici catanesi effettueranno esperimenti e dimostrazioni pratiche su varie tematiche scientifiche in occasione dell’evento “Meet LE Researchers”, che si terrà l’11 febbraio mattina presso Città della Scienza, a Catania. L’evento prevede anche alcuni stand in cui, tra le altre cose, il pubblico sarà invitato a osservare la cromosfera del Sole al telescopio insieme alle ricercatrici dell’Inaf.  L’evento è organizzato dal Csfnsm, il Centro siciliano di fisica nucleare e struttura della materia, in collaborazione con l’Università di Catania, l’Osservatorio astrofisico di Catania dell’Inaf e la Sezione di Catania dell’Infn.

Cagliari, venerdì 9 febbraio – Saltiamo da un’isola all’altra. Durante la masterclass “A caccia di Frb!”, organizzata nell’ambito del Piano lauree scientifiche dal Dipartimento di fisica dell’Università di Cagliari, studenti e studentesse saranno coinvolti in laboratori e attività di analisi su alcuni set di dati radio – realmente acquisiti con il Sardinia Radio Telescope o simulati – per capire le problematiche della rivelazione di Fast Radio Burst. Gli studenti e le studentesse partecipanti alla masterclass, ospitata nella Cittadella universitaria dalle ore 9.00 alle 17.00, presenteranno gli elaborati sulle attività svolte agli altri gruppi coinvolti nell’evento che, per Inaf, vedrà la partecipazione di Silvia Casu e Maura Pilia dell’Osservatorio astronomico di Cagliari.

Isole Canarie (Spagna), venerdì 9 febbraio – Un’altra isola, questa volta in Spagna, partecipa alla Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza: presso la sede del Tng, il Telescopio nazionale Galileo, a La Palma, l’appuntamento “El Universo como laboratorio” del 9 febbraio, alle 12.45, organizzato dall’Instituto de Astrofísica de Canarias (Iac), avrà in programma una conferenza online di scienziate per la scuola di Tenerife “IES Los Cristianos” nell’ambito del programma “Habla con Ellas”. Tra le relatrici, Gloria Andreuzzi, astronoma dell’Inaf.

Padova, giovedì 15 febbraio– In concomitanza con la serie di eventi per la Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza segnaliamo “Dai fiocchi rosa ai femminicidi”, un incontro sulla costruzione sociale dei ruoli di genere promosso dall’Università di Padova – e in particolare dai dipartimenti di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione e di Fisica e astronomia – con il patrocinio dell’Inaf.

Torino, domenica 11 febbraio – Aderisce alla giornata internazionale, con la tavola rotonda in programma alle 16.00 “Le donne della fisica”, anche il planetario Infini.to, a Pino Torinese, con cui l’Inaf collabora.

Concludiamo con una novità: quest’anno, il Ministero dell’università e della ricerca ha istituito, per la prima volta, la Settimana nazionale delle discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche nei giorni dal 4 all’11 febbraio 2024. Per tale ricorrenza, annunciata con un messaggio ai giovani dalla scienziata Amalia Ercoli Finzi, è stato realizzato un video che ha visto la partecipazione di ricercatrici dell’Inaf e che sarà trasmesso l’11 febbraio sui canali del Mur.

 

Fonte: Media INAF

Per saperne di più:

 

 

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Occultazione di Betelgeuse: la spedizione in Calabria degli astronomi catanesi https://www.oact.inaf.it/2024/01/22/occultazione-di-betelgeuse-la-spedizione-in-calabria-degli-astronomi-catanesi/ Mon, 22 Jan 2024 14:22:51 +0000 https://www.oact.inaf.it/?p=15452 ​Nella notte tra l’11 e il 12 dicembre 2023 si è verificato un fenomeno astronomico molto raro e che difficilmente si ripeterà nei prossimi anni: l’occultazione di Betelgeuse da parte […]]]>

​Nella notte tra l’11 e il 12 dicembre 2023 si è verificato un fenomeno astronomico molto raro e che difficilmente si ripeterà nei prossimi anni: l’occultazione di Betelgeuse da parte di (319) Leona, un asteroide della fascia principale dalla forma ellissoidale le cui dimensioni sono di circa 60×80 km. Alcuni astronomi della nostra sede, in collaborazione con i soci del Gruppo Astrofili Catanesi (GAC),  si sono recati in Calabria, e precisamente nella provincia di Cosenza, da dove è stato possibile osservare il fenomeno.

Le occultazioni asteroidali, cioè quando un asteroide passa proprio davanti a una stella lungo la nostra linea di vista, sono il modo migliore per studiare le proprietà fisiche di un asteroide. Bisogna tenere conto che questi corpi, generalmente di tipo transnettuniano (TNO), sono oggetti molto piccoli (al massimo qualche centinaio di chilometri) che si trovano a grande distanza (solitamente oltre 30 unità astronomiche); quindi, sono difficili da osservare in modo diretto con precisione, anche utilizzando grandi telescopi, con i quali è praticamente impossibile determinarne forma e dimensioni.

Questo tipo di occultazioni non sono fenomeni molto comuni, hanno una durata molto breve (qualche secondo al massimo), e sono difficili da prevedere con largo anticipo poiché è richiesta una buona conoscenza della “astrometria”, cioè della posizione della stella (che varia nel tempo a causa del suo moto spaziale) e, soprattutto, dell’orbita dell’asteroide. Ciò che si vede in questi casi non è l’asteroide in sé, molto più debole della stella, ma l’effetto che il suo passaggio produce sulla luce che arriva da quest’ultima. Analogamente a quello che succede durante le eclissi di Sole o il transito di un pianeta interno (Mercurio o Venere) sul disco solare, quando l’asteroide inizia a passare davanti alla stella, ne copre una frazione, facendo sì che la sua luminosità inizi a diminuire. Normalmente, il calo di luce è notevole e fa scomparire del tutto, o quasi, la stella occultata; questo perché le dimensioni apparenti delle stelle, a causa dell’enorme distanza da noi, sono molto più piccole di quelle dell’asteroide. Ci sono però delle eccezioni per stelle molto vicine e/o di grandi dimensioni, come nel caso di Betelgeuse. La particolarità di questa occultazione, infatti, al di là del fatto che viene coinvolta una delle stelle più luminose e conosciute del cielo, è che entrambi i corpi (stella e asteroide) mostrano una dimensione apparente molto simile nel cielo. Questo permette non solo di studiare l’asteroide, ma anche la stella. Da un lato, si può ottenere un’astrometria di precisione per Betelgeuse, la cui luminosità è talmente elevata che rende difficile farlo con i classici telescopi o con le missioni spaziali dedicate (come ad esempio Gaia). Dall’altra parte, analizzando la curva di luce ottenuta con diversi “filtri”, si può eseguire una sorta di mappatura del disco apparente della stella per studiare eventuali dettagli della superficie (fotosfera) della stella e del materiale espulso attorno ad essa. Bisogna tenere conto che, ad esempio, a causa della struttura della sua atmosfera esterna, la dimensione di Betelgeuse nel blu è maggiore che nel rosso, quindi la durata e la profondità del fenomeno sono diverse a seconda del filtro utilizzato per osservarlo.

Fascia di visibilità dell’occultazione sull’Europa (in alto). La linea blu segna il centro del fenomeno, dove si verifica la massima durata, mentre le linee viola segnano i limiti di occultazione, oltre i quali non è possibile osservare il fenomeno. In rosso la zona della Calabria, da dove hanno osservato i nostri astronomi. La distribuzione degli osservatori è mostrata nel dettaglio in basso (in giallo). Qui viene mostrata solo la linea di centralità (verde) con i suoi limiti (viola). Crediti: J. Alonso Santiago

Come nel caso di un’eclissi solare, la visibilità dell’occultazione è spesso limitata a una piccola striscia di superficie terrestre, dove viene proiettata l’ombra dell’asteroide. Nel caso dell’occultazione di Betelgeuse, la zona migliore per osservarla è stata l’Europa (in particolare il sud della Spagna e parte del sud Italia), dove il fenomeno è avvenuto dopo le 2 del mattino, con la stella piuttosto alta nel cielo.

Per poter caratterizzare adeguatamente questo tipo di  fenomeni astronomici nella loro totalità, fare osservazioni isolate non è molto utile; mentre risulta più vantaggioso ottenere una buona copertura con più osservazioni simultanee su tutta la fascia di visibilità (da nord a sud). Sul versante italiano si sono riuniti una ventina di astronomi e astrofili che, grazie al magnifico lavoro di preparazione e coordinamento di Alfonso Noschese e Massimo Corbisiero (di AstroCampania), si sono distribuiti in diversi punti (detti anche corde) lungo la fascia di osservabilità. Per studiare la cromaticità del fenomeno, quando possibile, sono stati utilizzati più di un filtro su ogni corda. A Rossano, dove si trovavano il Dott. Antonio Frasca e il Dott. Javier Alonso Santiago (INAF-OACT), sono stati utilizzati due telescopi (un Maksutov-Cassegrain da 127 mm di diametro, e un rifrattore apocromatico da 115 mm, equipaggiati rispettivamente con un filtro Rc, che fa passare luce rossa, e un filtro B, che seleziona luce blu). A Marina di Pietrapaola, si trovavano invece il Dott. Claudio Arena (INAF OACT e presidente del GAC), il Dott. Stefano Cosentino (dottorando al Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Catania), e il giovanissimo socio GAC Santi Schilirò Rubino (studente al Liceo Scientifico “Galileo Galilei”). In questa seconda postazione, sono stati utilizzati tre telescopi con relative camere di acquisizione del Gruppo Astrofili: un Celestron C8 equipaggiato di filtro V e CMOS per occultazioni di ultimissima generazione, e due Maksutov-Cassegrain da 127 mm, di cui uno equipaggiato di filtro Rc.

Nel campo delle occultazioni astronomiche, è richiesta una grande risoluzione temporale, e quindi la tecnica utilizzata è molto diversa da quella che si usa abitualmente per fare altri tipi di osservazioni. L’occultazione viene registrata su video con il massimo numero possibile di immagini al secondo (frame rate o fps). Successivamente, viene misurata la luminosità della stella (eseguendo fotometria di apertura) in ogni singolo fotogramma in cui viene scomposto il video e, analizzando la sua variazione nel tempo, si ottiene la cosiddetta “curva di luce” del fenomeno. Nel caso specifico dell’occultazione di Betelgeuse” – dice Frasca – “la cosa più difficile da un punto di vista tecnico (e che ha richiesto diverse prove preliminari) è stata scegliere un tempo di posa adeguato (pochi millisecondi), in modo da non saturare la stella, e allo stesso tempo ottenere un numero di immagini sufficiente per misurare con precisione l’occultazione”. 

Curva di luce ricampionata dell’occultazione ottenuta nel filtro B con il rifrattore apocromatico. Crediti: J. Alonso Santiago

La forma della curva di luce ottenuta (senza zona piatta al minimo) rivela già che non si è verificata un’eclissi totale come ci si aspettava, in base alle previsioni del fenomeno e delle dimensioni apparenti di Leona e Betelgeuse, ma parziale o anulare, ossia non tutto il disco di Betelgeuse è stato occultato. “Da un’analisi preliminare delle nostre osservazioni” – spiega Alonso Santiago – “la durata del fenomeno è stata di circa 11 secondi e la profondità dell’occultazione è stata di poco superiore a una magnitudine, ben lontano dall’idea che si aveva quando si è deciso di organizzare la spedizione per osservarla, anche se devo dire che personalmente sono molto felice di aver partecipato a questo progetto”.

Se a Rossano gli astronomi non hanno percepito nessuna variazione significativa nella luminosità della stella ad occhio nudo, nella postazione di Marina di Pietrapaola, invece, sono riusciti a percepire un lieve calo di luce, forse complice anche l’assenza di nuvole.

Campo di osservazione a Marina di Pietrapaola. Crediti: C. Arena

Per coinvolgere maggiormente il pubblico, nell’ambito della citizen science (scienza dei cittadini), è stato creato StarBlink. In questo progetto, è stato creato un simulatore molto intuitivo (https://starblink.org/occult_simulator_en) per comprendere come cambia la curva di luce al variare delle dimensioni di Betelgeuse e Leona o della distanza dell’osservatore dalla linea di centralità. Nelle prossime settimane, in base all’analisi delle diverse curve di luce ottenute, tenendo conto sia dei filtri utilizzati che della posizione di ciascun osservatore, inizieranno ad essere pubblicati i primi risultati scientifici dell’occultazione.

E’ incoraggiante vedere ancora una volta una collaborazione tra INAF e gruppi astrofili, non solo sul piano della divulgazione ma anche su quello della ricerca”, conclude Arena. “Per il GAC e’ una grande soddisfazione che un evento simile, più unico che raro, si sia aggiunto ai tanti piccoli contributi che il gruppo e’ riuscito a produrre nel tempo“.

L’occultazione di Betelgeuse riveste un interesse particolare perché è la supergigante rossa più vicina al nostro sistema solare (circa 600 anni luce); è una stella enorme, con un diametro maggiore dell’orbita di Marte, che sta bruciando carbonio nel suo nucleo e che alla fine del combustibile nucleare, stimata tra qualche migliaio e qualche decina di migliaia di anni, esploderà come una supernova che illuminerà il cielo più della luna piena. 

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