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Per il progetto Square Kilometre Array (Ska) è il momento di tirare le fila e di approvare tutti gli elementi che comporranno il più grande radiotelescopio del mondo. In gergo tecnico questa fase si chiama Critical Design Review (Cdr), ma cosa vorrà mai dire? In pratica attenti e scrupolosi specialisti analizzano ogni singola componente del progetto in modo da avere l’ok finale e passare poi alla costruzione. Per il ricevitore Band 1 e per il sistema di controllo dei dischi, il Local Monitor and Control (Lmc), la review finale si è svolta – con successo – presso l’Istituto nazionale di astrofisica di Catania.

Il progetto Ska si avvicina velocemente alla fine della fase di progettazione e la costruzione dovrebbe iniziare nei primi mesi del 2020, ma prima tutti i diversi gruppi devono passare l’esame di queste temute Critical Design Review. L’obiettivo delle Cdr (sono in corso per ogni singolo consorzio del progetto) è quello di certificare i requisiti imposti nelle fasi precedenti, rispettando i criteri tecnici ed economici in modo da “congelare” il design definitivo e accedere alle fasi finali di messa in opera.

La costruzione di una delle antenne a disco che formeranno il braccio sudafricano dello Square Kilometre Array. Crediti: Sarao.

Le antenne a disco (o a parabola) formeranno lo strumento Ska1-Mid, braccio sudafricano della prima fase del telescopio Ska: 133 antenne, a cui vanno aggiunti i 64 “piatti” del telescopio MeerKat già installati nella regione desertica di Karoo. Per questa parte del progetto, l’Italia dà un grande contributo grazie al gruppo di ingegneri guidati da Corrado Trigilio dell’Inaf di Catania, task leader nel consorzio Dish, responsabile del gruppo che gestisce il sistema Local Monitor and Control. Trigilio ci spiega l’importanza di questa fase del progetto e il risultato dopo il meeting di Catania.

Qual è il suo ruolo nel consorzioDish?

«All’interno del consorzio Dish, sono leader del gruppo di lavoro Local Monitor and Control (Lmc) che ha la responsabilità di consegnare, al termine della fase di pre-costruzione, il progetto definitivo per il sistema che controllerà e monitorerà ogni disco di Ska-Mid. Il nostro gruppo è ora tutto italiano, sotto la guida dell’Inaf, con l’importante partecipazione di due industrie italiane, Eie (European Industrial Engineering) e Sam (Società Aerospaziale Mediterranea)».

Corrado Trigilio, task leader nel Consorzio Dish, responsabile del Dish Local Monitor and Control, nonché ricercatore presso l’Inaf di Catania.

Lmc, perché è così importante per il progetto Ska?

«Ska-Mid consisterà di centinaia di parabole sparse in una vasta area nel deserto del Karoo in Sudafrica. Il design finale di Ska includerà migliaia di piatti. Le operazioni saranno coordinate da un sistema centrale, il Telescope Manager (Tm) ma, data la complessità di Ska e il numero di antenne, il controllo di ogni singolo disco è delegato a un sistema locale, il Lmc, che controlla la struttura del disco (Dish Structure o Ds), il puntamento, la selezione della banda di osservazione (Single Pixel Feeds, Spf), l’impostazione dei digitalizzatori (Single Pixel Feeds Receivers, Spfrx), lo stato di salute di tutti i dischi. È il cuore pulsante del disco».

Qual è la cosa più difficile per il gruppo Lmc?

«Il Local Monitor and Control si trova tra la Tm e gli altri sotto-elementi del piatto. Le interfacce svolgono un ruolo fondamentale. La consegna del software è stata possibile dopo il processo di armonizzazione che ha portato alla decisione di adottare un framework unico all’interno di Ska, Tango. L’interazione con gli sviluppatori di software che lavorano per altri elementi di Ska è stata di fondamentale importanza e talvolta difficile da organizzare. Un aspetto importante nella consegna del Local Monitor and Control in tempo per la Critical Design Review è stata la necessità di testare il software con codici che simulano la strumentazione del disco ed è stato un problema in alcuni casi. Tempo, complessità, persone».

Quali le expertise dell’Inaf in questo settore?

«L’Inaf ha una consolidata esperienza con i radiotelescopi, dal punto di vista delle osservazioni, della conoscenza della strumentazione, della gestione e dell’interazione con altri istituti come per il Vlbi. Molti ricercatori dell’Inaf sono coinvolti nella realizzazione di sistemi di controllo sia per i telescopi terrestri che spaziali, nell’elaborazione computerizzata ad alte prestazioni e nella creazione di software per la strumentazione. L’interesse per la radioastronomia è molto alto».

Perché è importante lavorare con l’industria in questo campo?

«L’Inaf è un istituto nazionale per la ricerca nel campo dell’astrofisica. Penso che sia importante che, in una fase iniziale di un importante progetto come Ska, i ricercatori coprano un ruolo importante, come l’analisi dei requisiti e la definizione dello strumento progettato per l’astrofisica. Mentre il progetto procede, sia l’hardware che il software necessitano di un processo di industrializzazione che non può essere portato avanti dai ricercatori. L’interazione con le industrie è fondamentale, considerando anche l’importanza del ritorno industriale nei paesi partecipanti durante la fase di costruzione».

Esperti di molti paesi sono coinvolti nel consorzio Dish. Com’è stato lavorare con così tante persone provenienti da contesti diversi?

«Italia, Sudafrica, Cina, Germania, Canada, Australia, Svezia, Spagna … Ingegneri, astronomi … culture diverse, approcci diversi, background diversi, prospettive diverse, fusi orari diversi. Teleconferenze organizzate cercando di trovare il momento più conveniente per tutti, incontri in diverse parti del mondo, continuo scambio di informazioni. Tutti questi aspetti portano a una crescita professionale, culturale e umana ed è stato possibile grazie a un progetto globale come Ska».

Ora che la Cdr è terminata, quali i prossimi passi per il suo gruppo?

«Abbiamo acquisito nuove competenze nello sviluppo di sistemi di controllo, ingegneria di sistema, software di alto livello. L’interesse è quello di continuare questa avventura anche durante la fase di transizione e, infine, la fase di costruzione».

Eleonora Ferroni (Media INAF)

Fonte: Media INAF