Questa bellissima fotografia dell’ammasso dell’Anitra selvatica, noto come Messier 11 o NGC 6705, è stata ottenuta con il Wfi (Wide Field Imager) montato sul telescopio da 2,2 m dell’Mpg/Eso all’osservatorio dell’Eso a La Silla in Cile. Il soprannome evocativo di Messier 11 nasce nel diciannovesimo secolo. Guardando l’ammasso con un piccolo telescopio si notava che le stelle più brillanti formavano un triangolo aperto in cielo, proprio come una formazione di anatre in volo. Il nome di Messier 11 invece viene dalla lista di Charles Messier del 1764: Messier era un cacciatore di comete e realizzò il catalogo perché era frustrato dall’osservare continuamente oggetti diffusi, ma fissi, che sembravano comete (per esempio, oggetti che ora sappiamo essere ammassi, galassie e nebulose). Egli volle avere un registro di questi oggetti per evitare di osservarli per sbaglio e confonderli con possibili nuove comete. Messier 11 è un ammasso aperto, a circa 6000 anni luce dalla Terra nella costellazione dello Scudo. Le stelle blu al centro dell’immagine sono le stelle giovani e calde che formano l’ammasso. Le stelle rosse che le circondano sono stelle più vecchie e fredde sullo sfondo.
C’è qualcuno, là fuori? Esistono altre forme di vita? Secondo l’astrofisico americano Frank Drake il numero di civiltà aliene (nella Via Lattea) in grado di comunicare con noi può essere calcolato come il prodotto di 7 fattori: il numero di stelle che si formano ogni anno nella galassia, la frazione di sistemi stellari con pianeti al seguito, il numero medio di pianeti per ciascun sistema con un ambiente adatto alla vita, la frazione di pianeti dove la vita ha attecchito, il sottogruppo di vita intelligente, la controparte di tecnologia evoluta che serva a comunicare verso l’esterno e infine la durata media nel tempo di una civiltà.
Che crediate o meno all’esistenza degli alieni, è ovvio che per dare una risposta a un problema complesso dobbiamo prendere in considerazione tutti gli elementi che contribuiscono al prodotto finale. I conti tornano?