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È stato reso pubblico ieri su GitHub il software di visualizzazione 3D per dati scientifici iDavie, acronimo di Immersive Data Visualisation Interactive Explorer. L’annuncio arriva dal laboratorio Vislab del consorzio sudafricano Idia, che definisce questa prima release pubblica “una pietra miliare, un significativo progresso nella visualizzazione e nell’analisi dei dati astronomici”.

Progettato per facilitare la visualizzazione e l’interrogazione di complessi set di dati astronomici e multidisciplinari sfruttando le capacità uniche della realtà virtuale, iDavie è particolarmente orientato alla comunità astronomica, in quanto consente di analizzare con un dettaglio senza precedenti data cubes e cataloghi 3D come quelli prodotti dal radiotelescopio MeerKat e, in futuro, da Ska, lo Square Kilometre Array. Ed è un prodotto per metà made in Italy: non solo c’è una scienziata italiana, Lucia Marchetti, alla guida del Vislab, ma è in parte italiano anche il team che ha sviluppato il software, formato dallo stesso Vislab e da ricercatori e tecnologi dell’Inaf di Catania. Proprio a uno di loro, il catanese Fabio Roberto Vitello, informatico esperto in tecnologie avanzate per l’astrofisica, in sistemi Hpc e in visualizzazione scientifica, abbiamo chiesto quale possa essere l’utilità di iDavie.

Qual è per uno scienziato il principale valore aggiunto di una visualizzazione 3D? Voglio dire, voi astrofisici siete abituati a maneggiare modelli a quattro o più dimensioni, come quelli che descrivono lo spaziotempo o la teoria delle stringhe… ll 3D non è più roba da videogamer o architetti?

«Per uno scienziato, la visualizzazione 3D offre un valore aggiunto cruciale, anche in campi complessi come l’astrofisica, dove siamo abituati a lavorare con modelli multidimensionali. La visualizzazione tridimensionale non è solo un mezzo per rappresentare i dati, ma uno strumento che facilita l’interpretazione e l’intuizione di fenomeni complessi. Quando gestiamo modelli a quattro o più dimensioni, come lo spaziotempo o le stringhe, la capacità di ridurre una dimensione complessa a una visualizzazione 3D ci permette di cogliere pattern, relazioni e anomalie in modo molto più immediato. In pratica, il 3D diventa un’interfaccia interattiva e intuitiva per esplorare e comprendere meglio dati che altrimenti sarebbero astratti e difficili da manipolare. Non si tratta quindi di “roba da videogamer o architetti”, ma di uno strumento scientifico potente, soprattutto per lavorare con data cube tridimensionali (dove, ad esempio, ogni punto nello spazio può avere un’informazione spettrale associata). Per gli astrofisici, questo significa poter esaminare fenomeni come la distribuzione delle galassie o le strutture cosmiche in maniera più naturale, immergendosi nei dati per studiare il loro comportamento da più prospettive, rilevando dettagli che possono sfuggire con una rappresentazione bidimensionale. La visualizzazione 3D, inoltre, permette di rendere i risultati scientifici più accessibili e comunicabili anche a un pubblico non specializzato, trasformando concetti astratti in immagini che tutti possono comprendere. In questo senso, la tecnologia si colloca a metà strada tra analisi scientifica avanzata e comunicazione scientifica efficace».

iDavie in particolare cos’ha di diverso rispetto ai tanti software immersivi 3D oggi in commercio?

«iDavie si caratterizza per la sua capacità di sfruttare la realtà virtuale per immergere gli scienziati direttamente nei dati, consentendo un’esplorazione interattiva e dettagliata. Questa immersione permette di identificare pattern e strutture complesse che potrebbero non essere visibili tramite le tradizionali visualizzazioni bidimensionali. Inoltre, iDavie è altamente scalabile e adattabile a vari tipi di dataset, non solo astronomici, ma anche provenienti da altre discipline scientifiche come l’ingegneria e la biologia. Un altro aspetto distintivo di iDavie è il suo approccio open source, che lo rende non solo accessibile alla comunità scientifica globale, ma aperto a contributi e sviluppi futuri da parte di ricercatori di tutto il mondo. Questa filosofia di collaborazione lo distingue da molte soluzioni commerciali chiuse e gli permette di evolversi in linea con le esigenze degli scienziati e delle nuove scoperte».

È stato sviluppato da una collaborazione fra ricercatori di tre università sudafricane e dell’Inaf di Catania: com’è nata questa liason fra i due emisferi?

«La collaborazione tra Idia – l’Inter-University Institute for Data Intensive Astronomy, un consorzio di tre università sudafricane – e l’Inaf di Catania nasce da una congiunzione naturale di esigenze scientifiche e competenze tecnologiche complementari facilitata nell’ambito di RadioSky 2020 e RadioMap, progetti di cooperazione bilaterale scientifica e tecnologica tra Italia e Sudafrica finanziato dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dalla National Research Foundation. Questa partnership è un esempio virtuoso di cooperazione scientifica internazionale, dove la condivisione di risorse, idee e competenze ha prodotto un risultato innovativo. Inoltre, l’apertura del codice sorgente del software evidenzia l’impegno di entrambe le istituzioni a favorire un approccio inclusivo e collaborativo, promuovendo lo sviluppo di tecnologie avanzate a livello globale».

Da oggi su GitHub, chiunque lo può scaricare gratuitamente – e anche contribuire al suo sviluppo: a proposito, in che linguaggio è scritto? E, soprattutto, una volta scaricato cosa occorre per usarlo?

«Il software iDavie è sviluppato in C# utilizzando il motore grafico Unity, tecnologie comunemente utilizzate nell’industria dei videogiochi ma che si rivelano particolarmente efficaci nella gestione avanzata della realtà virtuale e della visualizzazione interattiva. Per utilizzare iDavie è necessario disporre di un computer con prestazioni elevate, dotato di una scheda grafica con almeno la potenza di una Nvidia Gtx 1080 o una Amd Rx 5700 Xt, anche se per ottenere le massime prestazioni si consiglia l’uso di una Nvidia Rtx 3080 o una Amd Rx 6800 Xt o modelli più recenti. Il processore dovrebbe essere almeno un quad-core, mentre per la memoria Ram sono richiesti almeno 16 GB. Tuttavia, per lavorare con data cube di grandi dimensioni, è preferibile avere 32 GB o 64 GB di Ram. Per quanto riguarda la realtà virtuale, qualsiasi visore compatibile con SteamVr è supportato da iDavie. In termini di formati di dati, iDavie è in grado di gestire dataset multidimensionali come i data cube 3D e i cataloghi astronomici in formato Fits».

Fonte: Media INAF


Per saperne di più:

Guarda su MediaInaf Tv l’intervista video a Lucia Marchetti: