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Dopo dieci anni di sviluppo, realizzazione e test, il satellite dell’Esa Solar Orbiter è pronto per il trasferimento verso Cape Canaveral, in Florida, da dove verrà lanciato nel suo viaggio intorno al Sole.

Ad annunciarlo, in presenza del direttore scientifico Günther Hasinger e dei principal investigator degli strumenti che costituiscono il carico scientifico del satellite, è stata l’Esa durante la conferenza stampa organizzata lo scorso venerdì, 18 ottobre, presso l’Iabg di Monaco di Baviera, il centro dove il veicolo spaziale è stato sottoposto a tutta una serie di test necessari per verificare l’idoneità al lancio: meccanismi di spiegamento delle antenne e dell’array di pannelli solari, la capacità di resistere alle vibrazioni durante il lancio, al vuoto dello spazio, agli estremi intervalli di temperatura e all’ambiente magnetico che sperimenterà durante il suo viaggio attorno al Sole.

Il 31 ottobre prossimo, a bordo dell’aereo da carico Antonov, il satellite sarà spedito al Kennedy space center di Cape Canaveral, in Florida, dove, nella notte tra il 5 e il 6 febbraio, verrà lanciato a bordo di un razzo Atlas V per una missione lunga circa 10 anni.

Seguendo l’eredità delle missioni Ulisse e Soho, mediante manovre di gravità assistita con la Terra e Venere il veicolo raggiungerà nell’arco di due anni un’orbita operativa fuori del piano dell’eclittica, tale da consentire di studiare il Sole da una distanza ravvicinata mai raggiunta prima – 0,28 Unità Astronomiche, pari a circa 42 milioni di chilometri – e di osservare per la prima volta i poli della nostra stella. Una vicinanza che metterà a dura prova l’esploratore solare. Le parti esposte al Sole dovranno infatti resistere a temperature superiori a 500 gradi centigradi mentre le altre parti rimarranno in ombra a temperature di meno 180 gradi sotto lo zero.

Un momento della conferenza stampa Esa organizzata lo scorso 18 ottobre presso l’Iabg di Monaco di Baviera, in Germania, in presenza del direttore scientifico Günther Hasinger e dei principal investigator della suite di strumenti che costituiscono il carico scientifico del satellite Solar Orbiter. Crediti: M. Romoli, Univ. Firenze.

Solar Orbiter ospita a bordo 10 strumenti il cui scopo primario è comprendere come il Sole crea e controlla l’eliosfera che avvolge tutto il Sistema solare. Per fare questo si avvale di strumentazione per la misurazione di particelle del vento solare e di campi elettromagnetici e di telescopi per l’osservazione del Sole e della sua atmosfera.

L’Italia partecipa direttamente alla missione europea Solar Orbiter con diversi contributi: lo scudo termico per proteggere la navicella dalla forte radiazione solare – quasi 13 volte superiore a quella che riceve la Terra – prodotto da Thales Alenia Spazio; l’analizzatore di vento solare Swa, la cui Data Processing Unit (Dpu) – il cervello che controllerà lo strumento – è il risultato di una collaborazione fra il team scientifico dell’Inaf-Iaps, guidato da Roberto Bruno, e il team industriale costituito dalla Tsd di Pozzuoli, la Planetek e Sitael di Bari e la Leonardo di Taranto; il telescopio X – Stix, al quale ha contribuito il gruppo Mida del Dipartimento di Matematica dell’Università di Genova, guidato da Michele Piana e Anna Maria Massone; il coronografo Metis.

Quest’ultimo strumento, frutto di un design innovativo, è stato interamente progettato in Italia da un team scientifico guidato dall’Osservatorio Astrofisico di Torino insieme a ricercatori Inaf delle sedi di Arcetri, Napoli, Catania, Milano, Roma e Trieste, dell’Università di Firenze e Padova e del Cnr-Ifn, con i contributi dell’Istituto Max Planck Mps di Gottinga e dell’Accademia delle Scienze di Praga, ed è stato costruito da un consorzio industriale formato dalla Ohb Italia di Milano e dalla Thales Alenia Spazio di Torino.

«Il coronografo Metis osserva la corona solare nel visibile e nell’ultravioletto, fornendo indispensabili informazioni sul collegamento tra l’atmosfera solare e l’eliosfera, proprio nella regione in cui vengono accelerate le particelle del vento solare» spiega a Media Inaf Marco Romoli, astronomo all’Università di Firenze, associato Inaf e principal investigator dello strumento. «Per la prima volta verranno prodotte immagini della corona nel visibile e nell’ultravioletto che permetteranno di fornire le condizioni fisiche (densità, abbondanza, velocità) delle due principali componenti del plasma coronale: idrogeno e elettroni. Nel mese di agosto è stato completato l’ultimo test meccanico sullo strumento, con la verifica dell’espulsione del cap, uno speciale tappo che sigilla la cavità del telescopio per proteggerlo dalla contaminazione molecolare, ma soprattutto particellare, che ridurrebbero le prestazioni dello strumento. Il tappo verrà espulso in volo dopo circa 30 giorni dal lancio».

«Solar Orbiter è costruito per rispondere ad alcune delle più grandi domande scientifiche sulla nostra stella, e i suoi dati ci aiuteranno a proteggere meglio il nostro pianeta dalle sfide globali poste dallo space weather» ha dichiarato Günther Hasinger, direttore scientifico dell’Esa. «Grazie al duro lavoro di costruzione e collaudo di questa stimolante missione spaziale condotto dai nostri team, oggi abbiamo raggiunto un’importante pietra miliare in Europa. Il veicolo spaziale sarà ora avviato alla fase finale: i preparativi pre-lancio a Cape Canaveral».

Foto di gruppo dei principal invesigator e co-principal investigator degli strumenti del satellite Solar Orbiter. In piedi da sinistra: S. Kucker, Pi Stix, M. Janvier, Co-Pi Spice, H. Gilbert, Nasa Dep. Proj. Sci., C. Owen, Pi Swa, T. Horbury, Pi Mag, F. Auchere, Pi Spice, M. Maksimovic, Pi Rpw, D. Müller, Esa Proj. Sci. Accosciati da sinistra: Y. Zouganelis, Esa Dep. Proj. Sci., J. Rodriguez-Pacheco, Pi Epd, Marco Romoli, Pi Metis, R. Bruno, Co-Pi Swa. Crediti: J. Rodriguez-Pacheco, Univ. de Alcalà.

Giuseppe Fiasconaro (borsista INAF)

Fonte: Media INAF

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