Nei giorni scorsi l’Etna – il più grande vulcano attivo d’Europa – ha dato spettacolo di sé, eruttando lava dal cratere Voragine, uno dei suoi quattro crateri sommitali. Un’occasione ghiotta per gli appassionati di fotografia, che l’astrofotografo ragusano Gianni Tumino non si è fatto scappare, realizzando lo scatto che vedete qui in basso: U Mingibeddu – com’è chiamato in dialetto siciliano il vulcano – in piena attività eruttiva, che si staglia lungo l’orizzonte, illuminato dal bagliore della Via Lattea sullo sfondo. Uno scatto mozzafiato che la Nasa ha scelto come Astronomy Picture Of the Day (Apod) del 5 luglio.
L’attività effusiva dell’Etna è iniziata il 13/14 giugno scorso, evolvendosi presto in attività stromboliana– dal nome del vulcano Stromboli, anch’esso tornato a dare spettacolo in questi giorni con eruzioni dalla bocca della Sciara del Fuoco – e successivamente in fontane di lava. L’attività vulcanica si è protratta nei giorni seguenti, per poi affievolirsi nella mattina tra sabato 6 e domenica 7 luglio. La sera del 29 giugno l’astrofotografo Gianni Tumino era lì, pronto a immortalare l’ennesimo spettacolo della natura offerto dall’Etna.
«Quando l’Etna è in attività si sta sempre in preallarme perché conoscendone la sua imprevedibilità bisogna essere sempre pronti per non farsi scappare l’occasione di riprendere qualche evento spettacolare. Così è stato sabato 29 giugno 2024» dice a Media Inaf Tumino. «Sono partito da Ragusa al mattino con il mio collaboratore e appassionato astrofotografo, Giovanni Passalacqua, con tutta l’attrezzatura fotografica, organizzandoci il lavoro della giornata nella zona Etnea, per essere più vicini a Mongibello. Nel primo pomeriggio, abbiamo verificato dal sito dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) che i tremori del vulcano si mantenevano alti e abbiamo deciso, confortati anche del parere del caro amico ed esperto Rosario Catania, di andare sul versante ovest del vulcano, e precisamente a Piano dei Grilli, sopra Bronte. La scelta non è stata casuale: nel caso in cui il vulcano ci avesse ripensato, sarebbe rimasta l’opportunità di eseguire astrofotografie del cielo stellato e del sorgere della Via Lattea» continua Tumino. «Piazzate le varie fotocamere ancora con la luce del giorno, abbiamo aspettato che facesse notte. All’ora blu l’attività del vulcano appariva già in tutta la sua maestosità, con lanci di lapilli e cenere da due bocche del cratere Voragine».
Fotocamere alla mano, Tumino e il suo collaboratore si sono messi all’opera, catturando l’immagine che avete visto in apertura. In basso nella foto è ben visibile la silhouette dell’Etna mentre è in eruzione. Al centro, in tutta la sua maestosità, c’è la nostra galassia, la Via Lattea, con le sue enormi nubi di polvere raggruppate lungo il piano galattico. Familiare agli osservatori del cielo del nostro emisfero, quello boreale, è il triangolo estivo, l’asterismo formato dalle stelle luminose Deneb, Vega e Altair, situato a cavallo tra le nebulose oscure e le nubi stellari luminose che svettano sopra il vulcano.
«Per fotografare insieme la Via lattea e il vulcano ho utilizzato una tecnica che consiste nel riprendere la stessa zona di panorama e cielo nello stesso momento, con due fotocamere (di cui una modificata per astronomia) con la stessa focale» aggiunge Tumino. Questo mi ha permesso di ottenere due immagini, una del panorama ed una della volta stellata con tutte le nebulose non visibili a occhio nudo, che ho fuso in post produzione ottenendo il risultato che vedete. Come tutte le foto che eseguo che ritengo di particolare interesse, ne ho inviata una copia agli indirizzi dei curatori del sito Apod della Nasa, che l’hanno scelta come foto astronomica del giorno 5 luglio».
Osservatore privilegiato dell’irrequietezza dell’Etna – che ricordiamo è uno dei vulcani oggetto del progetto a guida Inaf Avengers (Analogs for Venus’ Geologically Recent Surfaces), col quale si studieranno diversi vulcani attivi sulla Terra per svelare i misteri del vulcanismo di Venere – è Astri-Horn, il telescopio Cherenkov dell’Inaf installato presso la Stazione Osservativa M.G. Fracastoro e gestito dall’Inaf di Catania. Nonostante la sua posizione ai piedi del monte Etna, Astri-Horn è stato investito solo in parte dalla cenere vulcanica proveniente dalla nube alta diversi chilometri emessa dal vulcano nei giorni scorsi.
«Il vulcano ha cominciato a manifestare attività via via crescente a partire dal 13 giugno scorso. All’inizio era attività stromboliana minore localizzata nella “voragine”, il cratere centrale dell’Etna. Si tratta di una zona abbastanza distante dal telescopio, motivo per cui non ci sono stati effetti né sulla nostra sede osservativa né su Astri-Horn, tant’è che abbiamo iniziato le misure durante il periodo di Luna nuova come programmato a inizio di luglio» spiega a Media Inaf Giuseppe Leto dell’Inaf di Catania, responsabile del telescopio Astri-Horn. «Le cose sono cambiate il pomeriggio del 4 luglio, quando l’attività si è intensificata e si è evoluta in una fontana di lava che ha raggiunto circa 5mila metri ed è durata fino alle 4 ora italiana del mattino del 5 luglio» osserva il ricercatore.
«Per precauzione, le operazioni osservative sono state sospese ma fortunatamente, dato l’orientamento del vento in quota, le ceneri si sono disperse verso Sud-Est, lasciando quasi indenne la sede di Serra la Nave. Qualcosa di simile è poi successo il 7 luglio, con una nuova intensificazione dell’attività stromboliana che ci ha indotto a sospendere le osservazioni giusto qualche ora prima che l’attività si evolvesse di nuovo in fontana di lava, questa volta raggiungendo quota 9mila metri con un carico di ceneri notevole. Fortunatamente anche in questo caso i venti hanno prodotto ricadute concentrate sul versante Est e Sud-Est, senza ripercussioni per il telescopio. In definitiva, la cenere che è caduta nella nostra area è stata in quantità limitata e non ha determinato problemi. Abbiamo dovuto rinunciare alle osservazioni, ma il nostro obiettivo era tenere il telescopio in condizione di sicurezza. Comunque sappiamo già che Astri-Horn è resiliente rispetto alla cenere: è già successo che ne sia caduta, anche in quantità cospicua, ma alla ripresa delle osservazioni si è comportato come previsto», conclude Leto.
Fonte: Media INAF