Seleziona una pagina

Dalla pubblicazione della seconda release di dati del satellite Gaia, avvenuta il 25 aprile 2018, gli astrofisici hanno avuto a disposizione una vera miniera d’oro di informazioni, sia in termini di qualità che di quantità, non solo sulla distanza e sul moto delle stelle nella nostra Galassia ma anche su molti altri parametri stellari.

Osservazioni ripetute della stessa stella, necessarie per derivarne la distanza e il moto, permettono anche di derivare parametri collegati alla variabilità stellare. In particolare, dai dati relativi a stelle sulla cui superficie sono presenti macchie simili a quelle del nostro Sole, è possibile dedurre informazioni sul loro periodo di rotazione e sui campi magnetici presenti sulla loro superficie.

Le macchie stellari generate dai campi magnetici alla superficie della stella, al ruotare della stella modulano la sua luminosità, permettendo di derivare il periodo di rotazione stellare e dando un’indicazione sulla sua attività magnetica. Il grande numero di stelle osservate da Gaia ha reso possibile ottenere, usando soltanto i primi 22 mesi di osservazioni di Gaia, il più grande database attualmente esistente contenente informazioni sulle rotazioni stellari, con periodi di rotazione e ampiezza di modulazione per circa 150mila stelle di tipo solare.

Quando gli scienziati hanno analizzato questo nuovo set di dati, si aspettavano di trovare una decrescita dell’ampiezza di modulazione all’aumentare del periodo, con un “ginocchio” a separare un regime caratterizzato da una rotazione più rapida, detto di “saturazione” – nel quale l’attività magnetica dipende debolmente dalla rotazione – da un regime di rotazione più lenta, di “non-saturazione” – in cui l’attività magnetica dipendente maggiormente dalla rotazione. Di fatto, l’esistenza di questo trend era stata stabilita sia da osservazioni da Terra sia, più di recente, da osservazioni del satellite Kepler.

Con grande sorpresa, però, i dati di Gaia hanno rivelato un quadro ben diverso e completamente inaspettato, riportato in un articolo pubblicato recentemente su Astrophysical Journal che vede tra gli autori Alessandro Carmelo Lanzafame, professore associato di Astronomia e Astrofisica dell’Università degli Studi di Catania (e associato Inaf) e Elisa Distefano dell’Inaf Osservatorio Astrofisico di Catania.

Immaginate di posizionare tutte le stelle del database in oggetto su un grafico nel quale sull’asse orizzontale è riportato il periodo di rotazione della stella e sull’asse verticale l’ampiezza di modulazione, indotta dalle macchie presenti sulla superficie della stella. In questo grafico, ogni stella occuperà la sua posizione, in base ai due valori che la contraddistinguono. Facendo questo per tutte le stelle del database, i ricercatori hanno trovato la distribuzione riportata nell’immagine seguente, nella quale sono evidenti tre gruppi di stelle ben distinti che gli scienziati definiscono “regimi”.

Diagramma di densità dell’ampiezza di modulazione vs periodo di rotazione per stelle di tipo solare con massa di circa 0.7 masse solari. La scala di colore (arcobaleno) indica la densità del numero di dati. In questo diagramma si possono identificare facilmente tre sovradensità corrispondenti a tre gruppi di stelle con caratteristiche di velocità di rotazione e distribuzione delle disomogeneità superficiali differenti. Crediti: Lanzafame A.C, Distefano E., Barnes S A, Spada F, “Evidence of New Magnetic Transitions in Late-Type Dwarfs from Gaia DR2” 2019 ApJ, in press.

Il regime di saturazione (a sinistra, nel grafico) risulta essere composto da due rami, uno con un’alta ampiezza di modulazione (nella parte alta e bassa del grafico) e uno con una bassa ampiezza di modulazione (nella parte bassa del grafico), ben separati tra loro per le stelle caratterizzate da periodi di rotazione inferiori a circa due giorni. Il ramo a bassa ampiezza di modulazione, a sua volta, mostra due raggruppamenti di stelle ben distinti: uno in corrispondenza a periodi di rotazione inferiori a 12 ore (a sinistra), che definisce il regime dei rotatori ultraveloci (ultra-fast rotators, Ufr), e l’altro in corrispondenza a periodi più lunghi di circa 5 giorni (a destra) che, nel confronto con i dati di Kepler, è identificato come la parte superiore del regime di non-saturazione.

Una tale evidenza contraddice profondamente e in maniera del tutto inaspettata le attuali conoscenze sull’evoluzione magneto-rotazionale delle stelle giovani di tipo solare e suggerisce un nuovo scenario.

Una ricerca più approfondita ha mostrato che il ramo ad alta ampiezza di modulazione è popolato da stelle giovani che non hanno ancora innescato il bruciamento dell’idrogeno nel proprio core. Le stelle che si trovano nel gruppo dei rotatori lenti a bassa ampiezza di modulazione (quelle in basso a destra) sono identificate come stelle più vecchie in regime di non-saturazione. I rotatori ultra-veloci (in basso a sinistra) e le stelle ad alta velocità di rotazione nel braccio ad alta ampiezza di modulazione sono stelle in prossimità dell’innesco del bruciamento dell’idrogeno nel core.

Rappresentazione artistica di una stella T Tauri circondata da un disco protoplanetario. Fonte: Wikimedia Commons.

Quindi, ogni posizione nel grafico è caratteristica di una certa fase evolutiva della stella: nelle prime fasi della loro evoluzione, quando sono identificate come stelle di tipo T Tauri con uno spesso disco di accrescimento, le stelle si collocano nel braccio ad alta ampiezza di modulazione. Quando cominciano a dissipare il loro disco, aumentano la loro velocità di rotazione, rimanendo sempre nel braccio ad alta ampiezza, finché innescano il bruciamento dell’idrogeno nel core e smettono di contrarsi. Dopodiché le stelle cominciano a rallentare a causa del frenamento indotto dai campi magnetici e si spostano verso il regime di rotazione lenta a bassa ampiezza di modulazione. La transizione verso il regime non-saturato a bassa rotazione è piuttosto discontinua, come indicato dalla minore densità nel diagramma di densità ampiezza-periodo. Ciò fornisce supporto all’esistenza di una transizione magnetica che è stata recentemente proposta nella letteratura scientifica.

La presenza della sovradensità dei rotatori ultra-veloci a bassa ampiezza, chiaramente separati dal ramo ad alta ampiezza, e la diminuzione di densità del braccio ad alta ampiezza verso i periodi molto brevi suggerisce una evoluzione magneto-rotazionale per la quale non c’era nessuna evidenza prima di Gaia. Stelle nel braccio ad alta ampiezza che accelerano la loro rotazione quasi fino alla loro velocità di rottura (cioè quando la forza centrifuga all’equatore è confrontabile con la forza di gravità) sono soggette ad una transizione magnetica molto rapida verso una configurazione di campo a maggiore simmetria assiale che causa una notevole diminuzione dell’ampiezza di modulazione e li porta nel regime dei rotatori ultra-veloci. La popolazione molto diradata che connette il gruppo dei rotatori ultra-veloci al gruppo dei rotatori lenti a bassa ampiezza suggerisce che successivamente le stelle rallentano ad un tasso più lento fino a convergere nel ramo dei rotatori lenti a bassa ampiezza.

Di conseguenza ad un certo punto tutte le stelle convergono nel ramo dei rotatori lenti a bassa ampiezza, cioè nel regime di non-saturazione, dove il frenamento del vento stellare determina il rallentamento della velocità di rotazione stellare. L’attività di ricerca su quest’ultima fase del rallentamento della rotazione stellare da parte della comunità scientifica è particolarmente intensa, dato che potrebbe fornire un metodo efficace per derivare l’età delle stelle in fasi evolutive in cui altri parametri stellari variano molto poco.

Immagine che mostra come, man mano che una stella procede lungo la sequenza principale, la sua attività magnetica tende a ridursi, come testimonia la diminuzione del numero e dell’ampiezza delle macchie fotosferiche. Fonte: Wikimedia Commons.

Fonte: Media INAF

Per saperne di più:

 

Maura Sandri (Media INAF)