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Per studiare i mondi esotici, un po’ come avviene per studiare gli animali esotici, occorre sapersi appostare. Appostare con gli strumenti giusti e al momento giusto. Così da cogliere il pianeta al varco mentre transita davanti alla sua stella: l’unica possibilità che abbiamo per scoprire di cos’è fatta la sua atmosfera. È infatti analizzando come l’atmosfera di un pianeta extrasolare altera la luce della stella alle sue spalle che gli astronomi sono in grado di compilarne la lista degli ingredienti, e dirci così che aria si respira da quelle parti. La tecnica si chiama spettroscopia di trasmissione, ed è molto più complessa di quanto lasci pensare l’analogia, che a volte si fa, con i codici a barre. Se è vero che ogni molecola assorbe il flusso stellare a una specifica frequenza, le righe dello spettro di una lontana atmosfera planetaria non sono una sequenza netta di bianchi e neri come i tasti d’un pianoforte. Sono molto più confuse. Per essere certi di averle interpretate in modo corretto, soprattutto se il segnale è debole e gli ingredienti sono tanti, occorre raccogliere dati da più transiti. È dunque necessario appostarsi per più notti.

È ciò che hanno fatto – usando lo spettrografo per il vicino infrarosso Giano-B installato al Tng, il  Telescopio nazionale Galileo dell’Inaf, alle Canarie – due team di astronomi nell’ambito del programma osservativo Gaps. Uno dei due team, guidato da Ilaria Carleo dell’Instituto de Astrofísica de Canarias (Tenerife, Spagna), si è appunto “appostato” con il Tng rivolto verso l’esopianeta Wasp-80b, in direzione della costellazione dell’Aquila, per quattro notti: il 9 agosto e il 21 settembre del 2019, il 26 giugno e il 17 settembre del 2020. L’altro team, guidato da Gloria Guilluy dell’Inaf di Torino, ha invece rivolto lo specchio da 3.58 metri del Tng verso Wasp-69b, in direzione della costellazione dell’Acquario, per tre notti: il 24 luglio 2019, il 9 agosto 2020 e il 28 ottobre 2021. I risultati, pubblicati uno ad agosto su The Astronomical Journal e l’altro a settembre su Astronomy & Astrophysics, sono senza precedenti: è la prima volta che nelle atmosfere di esopianeti di questo tipo – pianeti giganti temperati e di bassa densità – viene rivelata la presenza di ben cinque molecole.

Gloria Guilluy, ricercatrice all’Inaf di Torino e prima autrice dello studio sulla caratterizzazione di Wasp-69b pubblicato su Astronomy & Astrophysics.

Cinque per ciascuna atmosfera. Attorno a Wasp-80b – il pianeta analizzato dal team di Carleo, un sub-gioviano a 196 anni luce da noi, con una temperatura superficiale di 543 °C e una massa pari a poco più della metà di quella di Giove, al quale è paragonabile per dimensioni – gli astronomi hanno trovato tracce di acqua, metano, acido cianidrico, ammoniaca e forse anidride carbonica. Nell’atmosfera di Wasp-69b – il pianeta analizzato dal team di Guilluy, un sub-saturniano a 160 anni luce da noi, anch’esso grande quanto Giove ma con una massa di appena un quarto del gigante del Sistema solare e una temperatura superficiale di 690 °C – sono state invece rinvenute molecole di acqua, metano, monossido di carbonio, ammoniaca e acetilene.

«Wasp-69b e Wasp-80b, pur avendo densità leggermente differenti, sono accomunati dalla temperatura di equilibrio che, essendo intorno ai 1000 K, li colloca nella regione di transizione da una chimica di equilibrio dominata dal monossido di carbonio a una dominata dal metano. A queste temperature», spiega Guilluy a Media Inaf, «i processi tipici della chimica del disequilibrio possono diventare importanti. I nostri due lavori rappresentano la prima rivelazione di un numero consistente di molecole nell’atmosfera di due giganti gassosi temperati. Infatti, prima di questi studi, solo al massimo tre molecole erano state rivelate allo stesso tempo in pianeti di questo tipo».

«In particolare, la rivelazione di ammoniaca e acetilene nell’atmosfera di Wasp-69b e di ammoniaca e acido cianidrico nell’atmosfera di Wasp-80b», continua Guilluy, «ci hanno sorpreso in quanto non attese dalla chimica dell’equilibrio. Vista la temperatura dei due pianeti, queste molecole avrebbero abbondanze troppo basse per essere rivelate. La loro presenza è, dunque, indizio di disequilibrio chimico».

Ilaria Carleo, ricercatrice all’Instituto de Astrofísica de Canarias (Tenerife, Spagna) e prima autrice dello studio sulla caratterizzazione dell’atmosfera di Wasp-80b.

«Disequilibrio chimico», aggiunge Carleo, «che può essere causato da reazioni chimiche dovute al rimescolamento verticale (vertical quenching) dei gas nell’atmosfera o alla radiazione stellare (fotoionizzazione). Processi che comportano un aumento dell’abbondanza di alcune molecole, come appunto l’acido cianidrico e l’acetilene – permettendone la rivelazione».

Oltre a dirci cosa c’è, nell’atmosfera di quei due pianeti, i risultati dell’analisi condotta dai due team ha anche fornito indizi utili a ricostruirne la storia di formazione e di evoluzione. In particolare, mentre una possibile presenza di anidride carbonica è stata rivelata in Wasp-80b, attorno a Wasp-69b non ve n’è alcuna traccia. «Questo implica una diversa metallicità per i due pianeti e, quindi, un diverso processo di formazione e migrazione», spiega Carleo. «Wasp-69b avrebbe, infatti, una metallicità sub-stellare che, unita a un tasso carbonio-ossigeno (C/O) superiore a quello solare – favorito dalla nostra analisi –, indicherebbe che il contenuto di elementi pesanti nel pianeta è dominato dall’accrescimento di gas con limitato contributo di elementi solidi. Al contrario, l’atmosfera di Wasp-80b sembrerebbe possedere una metallicità sub-stellare e un tasso C/O presumibilmente solare, indicando che il pianeta ha accresciuto una quantità significativa di planetesimi durante la migrazione nel disco».

Fonte: Media INAF

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